IRAQ. COME NASCE L’ISLAMIC STATE (I.S.)

IRAQ. COME NASCE L’ISLAMIC STATE (I.S.)

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

La decapitazione di ostaggi inermi da parte di militanti sadicamente arroganti dell’I.S. sta provocando nel mondo occidentale e anche in quello islamico orrore e sdegno.

Una Coalizione Internazionale (C.I.) di 10 Stati si è formata in pochi giorni per contrastare questa minaccia ora radicata in Siria e Iraq e dichiaratamente pronta a esportare il terrorismo nelle “terre dei nemici lontani”.

“Nemici lontani” che, secondo I.S., occupano Paesi musulmani, ne utilizzano le risorse energetiche e pretendono di imporre i loro sistemi valoriali senza rispettare quelli locali.

La C.I. percepisce I.S. come minaccia globale e ne osserva i dati recentissimi, da quando il 29 giugno 2014 il leader Abu Bakr al-Baghdadi si distacca definitivamente dalla pregressa esperienza qaedista “Islamic State of Iraq and Sham” (ISIS), crea il Califfato I.S. e si autonomina Califfo.

I dati mostrano che I.S. ha oltre 30 mila combattenti provenienti da 84 Paesi di cui circa 12 mila occidentali convertiti e divenuti jihadisti e può contare sul supporto di “Al Qaeda in the Arabic Peninsula” yemenita e di “Al Qaeda in the Islamic Maghreb”, dell’area sahelo-sahariana.

I.S. risponde alla C.I. con una “Coalizione” di tutte le formazione qaediste “moderate” irachene compresa “al Nusra” – ufficiale rappresentante di Al Qaeda in Iraq – con le quali raggiunge un’intesa di non “belligeranza”.

I.S. ignora l’accusa di apostasia da parte della maggioranza dei Vertici islamici dal Grande Muftì wahabita saudita al Grande Muftì di Al Ahzar de Il Cairo e da parte di quasi tutti gli imam presenti nei Paesi islamici e no.

Come mai il Califfo che assume il nome di Ibrahim, si dichiara discendente del Profeta e chiede l’obbedienza di tutti gli islamici non replica a chi lo non lo ritiene parte dell’Islam?

Il motivo c’è anche se finora poco percepito.

Baghdadi non ha una conoscenza teocratica in grado di interloquire sull’interpretazione corretta dei testi sacri.

Si avvale del suo apparato mediatico per la propaganda di guerra – ancora vincente – e del terrore per attrarre radicali e jihadisti dai Paesi con importanti presenze islamiche e i convertiti occidentali.

Fra i combattenti dell’Islamic State si annoverano filippini, indiani, indonesiani, malesi, thailandesi. Fra gli indonesiani spiccano: i militanti della Jamaah Islamiyha, il cui leader, Abu Bakar Bashir, in prigione per le due stragi del 2002 e 2005 a Bali, si è allineato alle posizione del nuovo Califfato; i filippini del Bangasmoro, Movement, del Khilafa Islamiya e del Fronte Moro di Abu Sayyaf , che ha giurato fedeltà all’I.S..

Hanno giurato la fedeltà a Al Qaeda – e, quindi, indirettamente, a I.S. che ne faceva parte fino a febbraio 2014 – i nigeriani di Boko Haram e i somali di Shabaab.

Oltre alle migliaia di occidentali convertiti che ora combattono con I.S..

Il Califfato sarebbe in possesso di un importante arsenale composto da 3 MIG 21- B, contraeree ZU-23 ed S A-16, Carri armati T-55 e T-72, Blindati Humvees, Razzi M- 79, Artiglieria T 59 -1, per la gran pare sottratti agli Eserciti iracheni e siriani.

Con queste forze I.S. controlla un quarto del territorio iracheno che spazia da Dahuk, cittadina del Nord al confine con Turchia e Iran, ad al-Hillah, al Sud, oltre a un terzo della Siria dal Nord-Ovest di Aleppo ad Abu Kamal nel Sud, sino al confine con l’Iraq.

I.S. si è impossessato di risorse energetiche in Siria e Iraq dalla cui vendita guadagnerebbe 2 – 3 milioni di dollari al giorno e disporrebbe di circa 2 miliardi di dollari derivanti da traffico di reperti archeologici, saccheggi di istituti di credito e banche e taglieggiamenti.

Ma come si è materializzato I.S. senza che alcuno se ne accorgesse prima? In realtà non è così.

Le origini di I.S. non sono un segreto ed erano prevedibili per chi abbia conoscenza delle complesse dinamiche della Regione interessata. Basta andare indietro, al 2012, quando il Re saudita nomina Bandar bin Sultan a capo dell’Intelligence nel pieno della crisi siriana.

Nomina che suscitò l’entusiasmo del senatore repubblicano statunitense John McCain che  nel maggio 2013 aveva poi  incontrato il leader di ISIS Al Baghdadi (come da varie foto diffuse sui giornali). L’anno dopo,  in un’intervista resa alla CNN nel gennaio 2014 sottolineava ancora la valenza di quella nomina perché costituisce una discontinuità rispetto alla precedente policy di sicurezza del Regno.

Già da allora, a livello mondiale, i media pongono in rilievo la veloce avanzata in Siria di al-Nusra e ISIS, notevolmente superiori agli altri movimenti jihadisti e all’Esercito Libero Siriano (ELS), e prevedono la caduta del regime siriano.

Inchieste allora in corso sostengono che Paesi del Golfo avrebbero finanziato le due organizzazioni, alludendo, senza nominarli per mancanza di prove, ad Arabia Saudita, Qatar e Kuwait.

Nel 2013, già il New York Times aveva riferito che ingenti somme di denaro sarebbero state trasferite da banche kuwaitiane a organizzazioni combattenti in Siria.

Bandar Bin Sultan e il presidente Bush nel 2002

Bandar Bin Sultan e il presidente Bush nel 2002

I media occidentali avevano pubblicato notizie su ricchi sauditi e kuwaitiani che supportavano al Nusra e ISIS. arricchendo anche formazioni jihadiste dedite a impossessamento delle armi sottratte a Esercito e caserme, rapine alle Banche e attentati in Siria.

E’ il periodo (2013) in cui la stampa riferiva del crescente numero di occidentali convertiti all’Islam, radicalizzatisi e trasferitisi in Siria per combattere contro il regime, passando attraverso i valichi dei 820 km confinari fra Turchia e Siria con il tacito consenso di Ankara.

Notizie che avevano allarmato i Sauditi e portato (febbraio 2014) alle dimissioni di Bandar bin Sultan, ufficialmente per motivi di salute ma probabilmente perché con i jihadisti sarebbe andato oltre il mandato ricevuto. Era troppo tardi.

Baghdadi, già ammonito dal leader di Al Qaeda, Ayman al Zawahiri, e poi scacciato da Al Qaeda, si è scontrato con al-Nusra, ha sconfinato in Iraq e ne ha conquistato ampie porzioni territoriali. E, conquistata Mosul, ha dichiarato Il Califfato in Siria a Iraq.

Nello stesso mese, Lori Plotkin Boghardt del “Washington Institute for Near East” riconobbe che mancano prove sicure sul finanziamento da parte dei sauditi ai jihadisti, atteso che il Re ritiene I.S. una minaccia per il suo Paese e l’intera Regione.

Anche se – aggiunge Boghardt – ricchi donatori della regione hanno finanziato l’avanzata dei jihadisti sunniti in chiave anti-sciita per emarginare Iraq, Siria e Iran. Solo poche settimane fa il New York Times in un editoriale scriveva che Arabia Saudita e salafiti devono interrompere i rapporti con terroristi. In merito, nell’editoriale si osserva che mentre l’Iran ha supportato Hezb’Allah in Libano e rinforzato gli sciiti di Siria e Iraq senza diffondere l’odio fra sciiti e sunniti, al contrario hanno fatto i wahabiti sauditi che hanno scatenato guerre civili di matrice religiosa.

imagesSulla stessa linea si schierano David Ignatius sul Washington Post e Patrick Cockburs nell’ Indipendent. Questo ultimo sostiene inoltre che l’Intelligence inglese MI 6 sarebbe stata a conoscenza dei fondi inviati da Arabia Saudita e Qatar a ISIS.

La Coalizione Internazionale promette raid in Iraq, che ne ha fatto richiesta, e con il quale collabora, e in Siria, con cui non intende avere alcun contatto e dalla quale riceve l’accusa di violazione della legge internazionale, anche perché:

–       vengono forniti armamenti e logistica all’opposizione “moderata” che ha raggiunto l’intesa di non belligeranza con I.S.;

–       in seno all’opposizione “moderata” vi è anche al –Nusra, rappresentante di Al Qaeda in Iraq e inserita nella lista delle organizzazioni terroristiche.

La C.I. non intende coordinarsi neppure con il “convitato di pietra”, l’Iran, che combatte I.S. con unità d’élite ed è disponibile al coordinamento. Della C.I. fanno parte invece Turchia e Francia schieratesi contro la Siria sin dall’inizio delle manifestazioni pacifiche del marzo 2011. Russia e Cina chiedono l’inclusione di Siria e Iran nel coordinamento delle iniziative militari contro l’I.S.

Questa frammentazione fra i protagonisti esterni e i diretti interessati non è un buon inizio per quella che viene presentata come una lunga guerra.

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Lo stemma 'ufficiale' del Califfato

Lo stemma ‘ufficiale’ del Califfato

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