IL CALIFFATO: le sue tre principali direzioni. FORZE E DEBOLEZZE.

IL CALIFFATO: le sue tre principali direzioni. FORZE E DEBOLEZZE.

Per comprendere meglio la composizione burocratica, i movimenti e la consistenza militare del Califfato. A che punto siamo?

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

Le aree conquistate in meno di un anno dall’Islamic State sono sintetizzabili in tre principali direzioni con inizio in Iraq e attuale termine in Siria:

–       nell’Ovest, con epicentro a Rutba e diramazioni a Trebli, al confine con la Giordania, e a Waleed, al confine con la Siria;

–       nel Centro Ovest, con l’intera regione di Al Anbar e il controllo delle città di Dora, a 120 km da Baghdad, Fallujia, Ramadi, Ana, Qaim, per proseguire in Siria lungo la direttiva delle città di Al Omar, Tanak, Deir al-Zour e Raqqa comprendente tutta la zona del confine turco fino a 70 km da Aleppo;

–       nell’Est, la terza direttrice parte da Dora, circonda a distanza di 150 km la capitale e si divide in due rami: uno verso Tikrit e Bajil, procedendo nel Nord a Mosul, Mount Siniar e De Kark sul confine siriano fino a connettersi con la seconda direttrice a Deir al Zour; l’altro verso il Nord Est iracheno fino a Kirkuk.

Lo stemma 'ufficiale' del Califfato

Lo stemma ‘ufficiale’ del Califfato

La formazione jiadista eletta a Califfato a giugno 2014 dal leader Ibrahim Awad Ibrahim al-Badri, alias Abu Bakr al Baghdadi, è strutturata a piramide.

Al vertice c’è Baghdadi, autoproclamatosi Califfo che ha alle dirette dipendenze:

–       il Consiglio della Sharia, che vigila sull’applicazione del Corano ed è guidato da Abu Baker, Osman al Nazeh al-Asiri e Turki al- Ben Alì;

–       la Shura, simile a un Governo, gestisce tutta l’amministrazione attraverso Ministri fra i quali Abu Suleiman al-Naser, per la guerra, Hazem Abudul Razzaq al-Zawi, per l’Interno, e Abu Safwan Rifai, per la sicurezza;

–       il Consiglio Militare, guidato da Abu Ayman al-Iraqi e Abu Ahman al-Alwani;

–       il Capo militare, Omar al-Shishani, responsabile del Nord della Siria, e il Comandante Regionale, Abu Wahib, per la regione di Al-Anbar;

–       un apparato mediatico composto da: portavoce, Abu Mohamed al-Adani; predicatore, Abdullah al-Janabi; settore per media e internet con squadre di specialisti.

Le vittorie sul terreno sono facilitate da almeno due fattori: i generosi aiuti in termini di armamento, logistica e finanziamenti da Paesi del Golfo, ostili agli sciiti che hanno conquistato l’Iraq rafforzando Iran, Siria ed Hezb’ Allah; la debolezza dei Paesi avversari, Siria e Iraq, il primo stremato da oltre 3 anni di guerra civile con quasi 200 mila morti e 6 milioni tra rifugiati all’estero e sfollati, e il secondo distrutto dalle tre guerre contro Iran (1980 – 88), Kuwait(1990 – 91) e USA (2003 – 2011).

Conterebbero su circa 15mila combattenti, con armamento pesante, sottratto durante le battaglie contro gli Eserciti governativi di Siria e Iraq, acquisito da militanti provenienti dalla Libia con armamento sottratto nei depositi del vecchio regime.

Alcuni segnali in direzione opposta indicano che IS sta disperdendo l’iniziale favore conquistato.

All’autorevolezza, insomma, sembrerebbe essere subentrato l’autoritarismo con il corollario di emarginazioni, punizioni pubbliche, e pratiche difficilmente conciliabili con la religione che pretendono di imporre anche nei confronti della popolazione non combattente.

L’appello per l’unità della “umma”- l’insieme dei musulmani- e l’invito all’obbedienza al Califfo per ricostruire quanto aveva realizzato il Profeta sono contraddetti dall’emarginazione inflitta da IS ai gruppi confluiti nel movimento.

Che succede?

IS deve molte sue vittorie – soprattutto quella di Mosul – all’appoggio militare e logistico ricevuto dall’Ordine Naqshabandi guidato da Ibrahim al-Douri, già vice Presidente con Saddam Hussein e suo fedele amico dall’infanzia, baathista nazionalista, eccellente stratega e combattente, attivo dal 2003 e operante a Diyala, Salah ed-Din e Ninawa, acerrimo nemico di curdi e sciiti.

Al-Douri è tuttora con Baghdadi ma non ne riceve ordini anche perché gode di grande carisma in seno a sunniti, baathisti e Naqshabandia, questa religione sincretica che coniuga sufismo e Corano con grande pragmatismo finalizzando ogni scelta a un ritorno positivo.

Ci si era chiesto quanto durerà il rapporto tra le due formazioni perché nessuno potrebbe riempire il vuoto lascerebbe al-Douri (v.prec.art.).

Verso la fine di agosto, il Muftì del Regno saudita, Abd al-Aziz al-Sheikh, diffonde un comunicato ufficiale in cui definisce l’estremismo e il terrorismo di IS e Al Qaeda “il nemico numero uno dell’Islam” per cui quelle formazioni non possono essere considerate interne all’Islam.

Il comunicato è di poco successivo alla dichiarazione del Consiglio dei Ministri sauditi in cui si auspicano sanzioni internazionali a IS e al Fronte al-Nusra, braccio armato di Al Qaeda in Siria.

Il documento puntualizza inoltre che diversi cittadini dei Paesi del Golfo sono stati inseriti nella lista nera dei finanziatori del terrorismo da parte del Consiglio di Sicurezza ONU; un regio decreto prevede condanne fino a 20 anni di carcere per chiunque prenda parte ad azioni violente fuori dal territorio nazionale o appartenga a movimenti estremisti.

Rientra in questa ferma posizione saudita la recente donazione di 100 milioni di dollari al Centro Anti-terrorismo delle Nazioni Unite a New York.

Segnali che indicano la preoccupazione che IS e formazioni analoghe possano sconfinare nel Regno.

L’immediata reazione è stata l’attivazione del pilastro ineludibile del Regno: l’Autorità religiosa wahabita, che ha diffuso subito il documento ufficiale che esclude IS e Al Qaeda dall’Islam.

Abu-Bakr-al-Baghdadi, Al-Qaeda-Iraq-ISIS

Abu-Bakr-al-Baghdadi, Al-Qaeda-Iraq-ISIS

Per quanto riguarda le altre organizzazioni combattenti, sono noti gli scontri fra Al Nusrah e IS che provocarono l’intervento del leader di Al Qaeda, Ayman al Zawahiri che espulse Baghdadi alla fine del 2013.

La posizione dei principali altri gruppi è la seguente.

Ansar al-Islam, di matrice salafita, attivo dal 2001 nel Kurdistan Iracheno, ha avuto rapporti con i qaedisti dell’Islamic State of Iraq, poi con ISIS. All’arrivo di Baghdadi nel 2010, per l’uccisione del leader Abu Omar al-Baghdadi, venne emarginato e da allora si limiterebbe ad azioni di supporto al Nord.

Il Consiglio del Risveglio, formato da tribù sunnite che dopo l’invasione USA combatterono contro Al Qaeda, in parte vennero cooptate nell’Esercito ma all’arrivo di Maliki furono emarginate. Attualmente si oppongono a IS ad Al-Anbar.

Il Consiglio Generale Militare dei Rivoluzionari formato all’inizio del 2014 da milizie tribali sunnite e militari tutela la popolazione sunnita ad Al Anbar, Diyala, salah ed-Din, Mosul, Baghdad e Abu Ghraib, e non avrebbe rapporti con IS.

L’Esercito dei Mujahideen, formato da sunniti, ha operato con analoghe formazioni armate ma mai con Al Qaeda e non avrebbe contatti con IS.

L’Esercito Islamico, formato all’inizio della guerra del 2003 da ufficiali baathisti, resta presente nella capitale e ad Al Anbar, privilegia la lotta agli sciiti e ha l’obiettivo di formare uno Stato confederale. Non ha contatti con IS.

Fra le organizzazioni di matrice qaedista, hanno aderito a IS: nel 2012 Boko Haram, nigeriano, e nel luglio 2014 AQAP, yemenita.

Senza un intervento internazionale la lotta contro IS non sarà comunque “una passeggiata di gala”.

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Lo Stato islamico

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