MEDIORIENTE: LA DIVISIONE TRA SUNNITI E SCIITI; ORIGINE DI TUTTI I MALI?

MEDIORIENTE: LA DIVISIONE TRA SUNNITI E SCIITI; ORIGINE DI TUTTI I MALI?

Chi sono i sunniti e chi sono gli sciiti? Il Califfato? Un interessante e bel documentato approfondimento 

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini  

In questi ultimi mesi stiamo assistendo a un bouleversment nel variegato scenario mediorientale post primavera araba, con possibili futuri sviluppi che mantengono il crisma dell’imprevedibilità. La Siria è un campo di battaglia, la Palestina e Israele sono in una ciclica fase critica, in Iraq gli attentati non si fermano così come, seppur in misura minore, in Libano, in Egitto, in Afghanistan, in Sudan, nello Yemen e in Bahrein. Al Qaeda e le sue diramazioni, su tutte l’Isil, lo Stato islamico dell’Iraq e del Levante, Addaula islamiya fii Iraq ua Chaam, continua a seminare il terrore.

Le molteplici istanze islamiste sono un vero e proprio ginepraio; marcare le differenze, cogliere le sfaccettature, decifrare le motivazioni, comprendere le mosse politico-religiose – oggi come ieri – dello sciita el Maliki, dell’ihuan Morsi, del sunnita wahabita Bin Laden, dell’alawita Bashar el Assad, degli ayatollah sciiti iraniani, degli Hezbollah shiiti libanesi, è complicato.

E’ possibile che tutti i mali in Medio Oriente abbiano origine dalle differenze tra gli sciiti e i sunniti nel concepire l’Islam e nell’applicare i precetti coranici?

In parte sì, senza però dimenticare altri importanti aspetti: le tradizioni, gli usi e i costumi dei diversi paesi, la lotta per il potere, la voglia di dominazione, le ricchezze economiche e il petrolio, le diversità etniche, il deficit di democrazia, l’influenza occidentale.

Spesso, infatti, proprio l’occidente non riesce a cogliere le diverse sfumature nella ritualità del credo islamico: tutti sono semplicemente musulmani nella loro interezza, siano essi siriani, giordani o yemeniti.

In definitiva, sia i sunniti sia gli sciiti pregano cinque volte al dì rivolti verso la Mecca, osservano i cinque pilastri dell’Islam e rispettano i precetti del Corano. Se proprio vogliamo rimarcare una peculiarità che – oggi meno di ieri -li differenzia, è l’esaltazione, da parte degli sciiti, del martirio come atto di fede.

Tutto parte dall’origine, dalla fonte dell’Islam cheè Maometto, e sua è la creazione di una nuova comunità da cui sarà formato, nel tempo, il grande stato arabo e i califfati (parola ritornata in auge in questi mesi in Iraq con l’avanzata dell’Isil).

I problemi, che si trascinano immutati nella loro essenza da tempi immemori, nascono da una commistione tra la comunità religiosa con quella politica e dalla mancata indicazione, da parte di Maometto, sulla forma di Stato da attuare alla sua morte.

Morte del Profeta che non unisce, ma divide la Comunità islamica sull’interpretazione ed accettazione delle fonti.

La divisione tra i sunniti e gli sciiti ha origine da chi dovesse succedere al Profeta Maometto, chi dovesse diventare il khilafat Rasul Allah.

Gli sciiti (in arabo antico significa fazione) sostenevano che il successore di Maometto dovesse essere il cugino Ali ibn Abu Talib che, tra l’altro, era il marito della figlia dello stesso Maometto, Fatima.

I Sunniti (termine che deriva da sunna, via tracciata), propendevano per un Capo non imposto dai vincoli familiari, bensì scelto dalla comunità.

Per i sunniti, attraverso gli hadith, gli editti ed annunci raccolti in volumi, la comprensione dell’Islam è chiara e i credenti devono solo seguire ciò che è scritto, senza interpretare alcunché.

Seguendo tale visione dell’Islam, fu scelto quale primo Califfo e successore del Profeta, Abu Bakr, peraltro padre dell’ultima moglie di Maometto.

Il Partito di Alì ibn Abu Talib considerò tutto ciò una vera e propria usurpazione ma, per non sfaldare la Comunità, ne accettò la nomina.

Così come, per la stessa motivazione, non obiettò sul nome del successore di Abu Bakr, Umar, che durante il suo califfato allargherà i confini dello Stato islamico inglobando la Siria, lo Yemen e l’Egitto.

A Umar è fatta risalire la creazione della Shura, un Consiglio ad hoc tra le cui responsabilità vi era anche l’elezione del Califfo.

Shura che nominerà Uthman quale successore di Umar cui, finalmente, subentrerà Alì.

Abu Bakr, Umar, Uthman ed Alì sono i quattro “califfi ben guidati” secondo i sunniti, o i “califfi maledetti”, con l’esclusione di Alì, per gli sciiti.

Tra gli sciiti e i sunniti si creerà, pertanto, un’insanabile frattura con due visioni opposte; una legata ai principi derivanti da una tradizione rurale in cui il comando discende dai legami di sangue, l’altra che si rifà alla tradizione beduina in cui il leader è scelto tra una stretta cerchia di candidati della stessa tribù.

Una frattura che sarà mantenuta nel periodo della dinastia Omayaide, in cui la cultura araba prende il sopravvento sulla religione relegata a semplice questione privata, contrapposta al periodo Abbaside in cui l’aspetto religioso ritorna a essere preminente.

Una divisione che ancora riverbera ai nostri giorni nella contrapposizione tra sciiti e sunniti nel ricordo di Alì e, soprattutto di suo figlio Hoseyn, lo sciita più importante e venerato.

Il percorso dell'Imam Hussein da Makka a Karbala

Il percorso dell’Imam Hussein da Makka a Karbala

La leggenda narra che Hoseyn fu chiamato dagli abitanti della cittadina di Kufa per sconfiggere il Governatore della Siria. Hoseyn e un centinaio di seguaci non arrivarono mai in soccorso di Kufa giacché, giunti a Karbala, subirono un’imboscata da parte dello stesso Governatore e furono uccisi.

L’Imam Hoseyn diventa uno shahid, un martire, e l’anniversario del martirio è il giorno dell’ashura.

Gli sciiti, come del resto i sunniti, sono divisi al loro interno in correnti, ma la figura dell’Imam, immune dal peccato e con il dono dell’infallibilità, è sopra di tutto e tutti e coagula a sé le diverse anime del movimento.

Il termine Califfato, desueto e sino a poco tempo fa relegato nelle pagine dei libri di storia, è tornato prepotentemente alla ribalta a seguito degli ultimi accadimenti in Iraq e all’improvvisa notorietà di Abu Bakr el Baghdadi.

Il 29 giugno scorso el Baghdadi, che si fa chiamare dai suoi seguaci Califfo Ibrahim, ha proclamato il Califfato sui territori controllati dall’Isis in Siria ed in Iraq.

Il Califfato, nel pensiero di el Baghdadi, rispecchia il periodo idealizzato del regno Abbasside, restauratore dell’Islam e quindi fondato sulle leggi islamiche, ma anche contrassegnato da una gestione del potere dispotica ed autoritaria.

E’ possibile una riedizione ai giorni nostri di un Califfato? Speriamo di no e, comunque, la storia passata ci conforta con i ripetuti fallimenti dei tentativi di ergere un Califfo alla guida di tutta l’Ummat al Islam.

Un universo islamico che (per fortuna o sfortuna secondo i punti di vista) è sempre stato – e continua – a essere diviso e frastagliato al suo interno.

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Il Califfato Abasside

Il Califfato Abasside

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