ISRAELE E HAMAS. LA GUERRA E LA TREGUA

ISRAELE E HAMAS. LA GUERRA E LA TREGUA

Tregua: non ce n’è da troppi anni….come un ‘mantra’ se ne parla ma non c’è….ribadisco che se non si fanno passi indietro da ambo le parti la situazione non si sblocca anche con referenti di peso politico. L’Egitto deve riprendere la sua posizione di maggiore referente della regione dove la stabilità politica sembra ormai una chimera…però la storia in passato ha visto molti di questi lunghi momenti…                                                                                                                                                      

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

All’annuncio della tregua del 15 luglio l’ONU pubblica i dati dell’attacco israeliano alla Striscia di Gaza iniziato l’8 luglio.

La popolazione gazawi subisce 175 morti, di cui 133 civili compresi 36 bambini e 26 donne, 1.140 feriti con 296 bambini e 233 donne.

Con 1.220 raid sono state sganciate su Gaza oltre 700 tonnellate di esplosivo, vi sono 5.600 persone sfollate, 16 mila riparate nelle scuole dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso ai Profughi Palestinesi, 60 mila necessitano di alimentazione.

Il 75% di Gaza è priva di luce ed elettricità, 395 mila persone sono colpite da danni alle strutture di approvvigionamento idrico e 1/3 degli 1,8 milioni di abitanti dei 364 kmq dell’area hanno limitato accesso all’acqua potabile.

Trentasei scuole sono danneggiate e 940 unità abitative distrutte, 2.500 case sono pericolanti, le infrastrutture, comprese 47 dell’UNWRA, sono devastate. Sono distrutti edifici pubblici, una moschea, l’ospedale per anziani e invalidi Wafa e l’orfanotrofio di Beit Lahya, dove sono rimaste uccide due donne disabili e 4 infermiere, 32 barche da pesca sono bruciate, distrutte o danneggiate e 1.000 reti da pesca bruciate.

Otto unità sanitarie e 4 autoambulanze sono inservibili, un medico ucciso e 19 para-medici feriti in un’emergenza che registra anche 25.300 bambini bisognosi di cure psicologiche.

Raid dell’aviazione israeliana anche: sul Golan siriano, da dove erano stati lanciati 2 razzi sul versante occupato da Tel Aviv; sulla base dell’aviazione siriana presso Quneitra e sul quartiere dove ha sede il Governatore.

L’Esercito israeliano ha sparato 31 colpi di artiglieria contro i villaggi libanesi di Qleeileh e Maalieh in risposta a razzi lanciati dal Libano.

Da parte dei gazawi, non citati dall’ONU, Hamas, Jihad Islamico Palestinese e Comitati di resistenza Popolare hanno lanciato contro città israeliane del Sud, Centro e Nord 700 razzi che hanno danneggiando 3 case, provocato 10 feriti e nessuna vittima.

Bandiera-IsraeleLa Comunità Internazionale con USA, Unione Europea e Lega Araba accoglie positivamente l’iniziativa egiziana per un cessate il fuoco al quale aderiscono Israele e l’Autorità Nazionale Palestinese.

Hamas rifiuta, la tregua dura solo lo spazio di poche ore e lo scontro riprende, più forte di prima. Perché?

Il cessate il fuoco è, di fatto, una “proposta unilaterale” fra Eserciti egiziano e israeliano senza consultazione con Hamas, movimento/Partito dichiarato dal Cairo organizzazione terroristica, come i Fratelli Musulmani, dopo il colpo di Stato del 3 luglio 2013.

Le capitali di Egitto e Israele hanno cancellato la prevista visita del segretario di Stato USA, John Kerry.

Il movimento islamico, informato solo dai media dell’iniziativa cairota, non intende accettare quello che considera un diktat e chiede: riapertura dei valichi con libertà di movimento fra Gaza ed Egitto attraverso i 14 km di frontiera di Rafah sotto la supervisione internazionale e dei valichi fra Gaza e Israele sia per i residenti sia per l’ingresso di materiali edili; riapertura di porto e aeroporto sotto la supervisione ONU; definizione del limite delle acque territoriali a 6 miglia nautiche entro cui gli addetti siano liberi di pescare; ricostruzione della zona industriale.

Inoltre, a livello politico, Hamas vuole la scarcerazione di tutti i palestinesi arrestati dal giorno della scomparsa dei tre studenti israeliani; permessi d’ingresso in territorio israeliano e a Gerusalemme per i gazawi; impegno di Israele a non interferire negli affari interni palestinesi dall’Accordo di riconciliazione.

Hamas si dichiara pronto per una tregua bilaterale di dieci anni.

Mahmoud Abbas (Abu Mazen)

Mahmoud Abbas (Abu Mazen)

La ripresa degli scontri porta a 220 il numero dei palestinesi uccisi, compresi 4 ragazzi dai 9 agli 11 anni che giocavano sul litorale di Gaza, colpiti da due missili colpi di cannone esplosi da un’Unità di guerra della Marina israeliana.

Un civile israeliano è stato ucciso mentre nei pressi del valico di Eretz portava acqua ai militari schierati lungo il confine.

Su richiesta ONU, all’alba del 17, le parti accettano un cessate il fuoco di assistenza umanitaria di 5 ore, dalle 8 alle 13 L.T. (ora in Israele) trascorse le quali le ostilità riprendono.

Nella notte fra il 16 e il 17, prima della visita del Presidente dell’ANP con l’omologo egiziano, si sarebbero incontrate nello stesso albergo della capitale cairota delegazioni di Hamas e del Premier israeliano con la mediazione di esponenti locali.

Sarebbe stata raggiunta una bozza di Accordo per un cessate il fuoco definitivo che scatterebbe alle ore 06,00 L.T. del 18 luglio.

Le richieste definitive di Hamas sarebbero cinque: accesso navale a Gaza; liberazione di 54 detenuti; apertura di tutti i valichi di frontiera fra la Striscia di Gaza e Israele per persone e materiale edile; permesso ai gazawi di pregare nella Moschea Al Quds di Gerusalemme.

Mentre il Ministro degli Affari Esteri egiziano, Sameh Shukri, afferma che l’iniziativa dell’Egitto ha il supporto di Lega Araba e Unione Europea, il responsabile di Fatah, Hazam Abu Shanab smentisce.

Di certo v’è l’incontro dei Presidenti di Egitto e dell’ANP e il proseguimento del viaggio del Presidente palestinese in Turchia per parlare con il Segretario Generale di Hamas, Khaled Meshaal, e i Ministri degli esteri di Ankara e Doha, che restano i riferimenti del movimento islamico con maggior peso politico.

Khaled Meshaal e il suo vice, Moussa Abu Marzouk, formano l’ala trattativista del movimento e vivono prevalentemente all’estero mentre a Gaza Ismail Haniyeh fa da mediatore con il braccio militare delle Brigate Ez Ed Din Al Qassam, guidate da Mohamed Deif, sopravvissuto a due attentati israeliani, tuttora in gravi condizioni sanitarie, e molto ascoltato dai militanti.

Restano deboli le possibilità di una tregua.

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