Oggi 7 giugno Poroshenko, “l’uomo del cioccolato”, ha giurato come Presidente dell’Ucraina. Putin ha parlato con Obama in Francia. Nella foto ufficiale a ricordo del 70° anniversario dello sbarco in Normandia, Poroshenko è stato diplomaticamente posto lontano da Putin. Il problema è che non si tratta di bambini capricciosi da tenere lontani ma della vita e della sopravvivenza di popolazioni civili.
Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini
L’elezione del neopresidente Poroshenko non è stata sufficiente a fermare il bagno di sangue in corso in Ucraina dove a Sloviansk i filorussi hanno abbattuto nei giorni scorsi un elicottero causando 14 morti e a Donetsk nella battaglia per il possesso dell’aeroporto sono rimasti uccisi 30 civili.
Nel silenzio dell’Europa, il Presidente statunitense ha incontrato il 3 giugno a Varsavia Poroshenko che, dopo il giuramento del 7 giugno, potrebbe firmare l’accordo di associazione con l’Unione Europea che ha scatenato le prime proteste a Kiev.
Chiara e forte già era stata la risposta di Putin che il giorno 29 maggio ha firmato con Bielorussia e Kazakistan l’accordo per l’Unione Euroasiatica. Attiva dal gennaio 2015, l’Unione avrà nel giugno successivo l’adesione dell’Armenia. Essa costituisce il nuovo spazio economico fra i Paesi firmatari con libera circolazione di prodotti, servizi, capitali e lavoratori in un mercato di 170 milioni di persone con un PIL di oltre 2000 miliardi di euro, il 20% delle riserve mondiali di gas e il 15% di quelle petrolifere.
Il Trattato è il passo successivo dell’Unione Doganale creata nel 2010 dagli stessi Paesi e un punto fermo in quella strategia di mercato comune orientale a guida russa elaborata sin dal 1991 da Eltsin alla formazione della Comunità degli Stati Indipendenti.
Un successo rimarchevole per tre motivi. La Comunità degli Stati Indipendenti (CSI) aveva elaborato almeno quattro insiemi economici: Unione Doganale, Spazio Economico Unico, Comunità Economica Euroasiatica e Zona di Libero Scambio in seno alla CSI.
A latere vi era anche la proposta dell’Unione Economica Euroasiatica avanzata dal 1994 dal Presidente kazako Nursultan Nazarbaiev, tutte incentrate sull’asse Russia, Bielorussia e Kazakhistan con allargamento a geometria variabile.
Fra queste, solo l’Unione Doganale era stata attivata nel 2010, aggiungendosi all’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva, struttura militare di cui oggi fanno parte Russia, Armenia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan e Tajikistan per la fuoriuscita di Azerbaijan, Georgia e Uzbekistan.
In secondo luogo, il leader russo è riuscito a superare l’isolamento evidenziato il 27 marzo in occasione del voto all’ONU sulla Risoluzione che condannava l’annessione della Crimea con 100 voti a favore, 58 astenuti fra cui Cina e Kazakistan, solo 9 contro, mentre Kirghizistan e Tagikistan non hanno neppure partecipato al voto.
Infine, sommando il Trattato Euroasiatico al recente Accordo con la Cina sulle risorse energetiche la Russia ha depotenziato le sanzioni subite da USA ed EU, ribadito la fine della leadership mondiale unilaterale a guida USA e dimostrato di non esitare a risolvere conflitti anche con le armi.
Nell’agosto 2008, quando la Georgia dopo aver ricevuto da USA ed EU la proposta di entrare nelle NATO bombardò Tskhinvali in Ossezia del Sud e la caserma dei militari russi che vi si trovavano, Mosca prese il controllo di tutto l’Ovest della Georgia per un breve periodo.
Poi riconobbe l’indipendenza delle due regioni secessioniste dell’Abkhazia e dell’Ossezia del Sud, in violazione dell’impegno preso nel 1991 di rispettare l’integrità territoriale della CSI formata da ex repubbliche sovietiche.
Allo stesso modo, dopo che nel 2008 USA ed EU avevano proposto anche all’Ucraina di entrare nella NATO e alla fine del 2013 negoziato con Kiev un accordo di associazione con l’EU, Mosca non ha esitato a inviare truppe ai confini orientali dell’Ucraina fino ad annettere la Crimea.
Va analizzato un altro fattore. Fino a pochi anni fa, la Russia era rivolta verso l’Europa, fino al 2013 il suo primo cliente e fornitore per il commercio estero. Dal 2011 però, l’espansione degli USA verso il Pacifico ha indotto Mosca a rivalutarne la dinamicità economica. Per questo nel 2012 la Russia ha organizzato a Vladivostock il Forum della Cooperazione Economica Asia-pacifico, di cui fa parte dal 1998, rilanciando cooperazione e investimenti finalizzati alla sua ripresa economica.
In secondo luogo, l’Europa, allargandosi all’Est, propone ai russi rapporti prevalentemente nel settore energetico. Inoltre, l’Europa chiede a Paesi membri del CSI dal 2004 intese su risorse energetiche per ridurre la propria dipendenza da petrolio e gas russi.
Per questo motivo, la Russia ha riorganizzato i propri circuiti di esportazione verso l’Ovest con la costruzione dei gasdotti North Tream e Blue Stream, progetto South Srtream sotto il Mar Nero e trasferito verso l’Asia una parte dei suoi scambi, almeno fino all’accordo energetico con la Cina, divenuta il primo partner commerciale, che ridà alla Russia una posizione di forza nei confronti di USA ed EU.
L’annessione della Crimea può comunque avere ricadute negative.
In Estonia e Lettonia, i russi sono il 25% della popolazione e l’annessione della Crimea può suonare come un campanello d’allarme, come nello stesso Kazakhistan, la cui parte settentrionale è russofona.
Ancora più difficile diventa la posizione della Moldavia, da oltre 20 anni in lotta con la regione della Trasnistria. Con solo 500 mila abitanti la regione ha oltre 200 mila russi e di fatto si comporta come una Repubblica indipendente pur facendo parte de iure della Moldavia.
Sostenuta economicamente dalla Russia, intenderebbe essere riconosciuta come Stato indipendente e sollecitare l’annessione alla Russia.
In merito, mentre il Presidente del Parlamento Mikhail Burla avrebbe attivato una procedura in tal senso; il 23 maggio scorso, nella capitale moldava, Chisinau, il Presidente EU, José Manuel Barroso, e il Premier moldavo, Iuria Ceauko, si sono incontrati per discutere sull’associazione della Moldavia all’EU, che ha promesso 160 milioni di euro per l’anno 2014. L’accordo eventuale verrebbe discusso il 27 giugno ed è inerente al settore energetico.
Potrebbe portare a un’altra crisi, con esiti imprevedibili.
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