LIBANO. VIGILIA DELLE ELEZIONI PRESIDENZIALI

LIBANO. VIGILIA DELLE ELEZIONI PRESIDENZIALI

Il cratere dell'attentato a Rafic Hariri nel 2005

Il cratere dell’attentato a Rafic Hariri nel 2005

Mentre in Europa il 25 maggio si svolgono le elezioni politiche europee, in Libano vanno alle urne per le elezioni presidenziali. Stessa cosa, il giorno successivo, 26 maggio, in Egitto dove probabilmente ci sarà un plebiscito per Al Sisi, ex generale. Nuovi assetti politici? Nuovi equilibri?

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

Il 25 maggio 2014 si svolgeranno in Libano le elezioni parlamentari e quelle per il nuovo Presidente per la scadenza del mandato di Michel Suleiman.

Fra i vari candidati spiccano due nomi. Samir Geagea, Capo del Partito Forze Libanesi vicino alla Coalizione dell’ 8 marzo ma non nuovo a repentini cambiamenti di schieramento politico.

Amin Gemayel, fondatore del Partito Kataa’eb Falangi Libanesi, maronita, già Primo Ministro negli anni ’80, è stato in volontario esilio dal 1988 in Svizzera, Francia e USA dove ha svolto il ruolo di Conferenziere nelle Università di Harvard e Maryland. Rientrato nel 2000, Gemayel si è schierato contro il Presidente Emile Lahoud ed è attualmente sostenuto dalla Coalizione 14 Marzo anche se insiste nella richiesta ad Hezb’Allah di deporre le armi.

Chiunque venga eletto Presidente si trova davanti a numerosi e difficili problemi.

Il Libano subisce dal 2011 la guerra civile in corso in Siria ed è scosso da attentati dal Nord a Tripoli, alla Valle della Beqaa nel centro e a Sud a preponderante presenza sciita.

La condizione socio-economica è drasticamente peggiorata con caduta del PIL al – 1,5% nel 2013 rispetto al + 8% dell’anno precedente anche per il calo del 40% del settore turistico e in ragione del massiccio flusso dei migranti siriani.

I dodici campi di rifugiati palestinesi stanno ricevendo molti dei 2 milioni e 600 mila siriani fuggiti dal Paese. Secondo i dati dell’Alto Commissariato ONU per i Rifugiati a fine marzo 2014 il Libano, con 4,2 milioni di abitanti, ospita 962 mila siriani a fronte dell’Egitto con 135 mila, Giordania con 584 mila, Iraq con 227 mila e Turchia con 630 mila. Più di ¼ dei rifugiati hanno meno di 5 anni e sono privi di tutto accrescendo problemi sociali e disponibilità dell’UNWRA.

In Libano le discriminazioni sono gravi: i palestinesi non hanno diritto al lavoro, concesso con pochi permessi, né alla proprietà. Il movimento sciita Hezb’Allah non è pronto per intervenire nei campi che ritengono divenuti rifugi sicuri per i jihadisti attratti in Siria e operanti a Damasco ma anche in Libano e Iraq. Sulla disperata condizione dei campi profughi, la posizione di Hezb’ Hallah paradossalmente coincide con gli opposti Partiti di Fare Futuro di Saad Hariri e della destra cristiana.

Mappa dei campi profughi palestinesi

Mappa dei campi profughi palestinesi

Per il Paese esiste il concreto rischio che ai 400 mila rifugiati ”palestinesi-libanesi”, perché presenti in Libano dal 1948, si aggiunga un milione di siriani senza diritti, creando una massa di 1,5 milioni di persone che sconvolgerebbe il già fragile equilibrio del territorio libanese. Non dimentichiamo che il Libano solo il 20 marzo del 2014, dopo un anno di stallo, è stato in condizione di eleggere con 96 voti sui 106 parlamentari il nuovo Premier, Tamman Salam. L’accordo è stato possibile solo dopo che Hezb’Allah ha ottenuto una dichiarazione ufficiale sul ruolo della ‘resistenza’ con la formula inclusiva “tutti i cittadini libanesi hanno il diritto a resistere all’occupazione israeliana e a riprendersi i Territori Occupati”.

La disponibilità dei Partiti si è resa necessaria anche per il coincidente arrivo in Libano di quarantuno militanti del Fronte Jihadista Al Nusra feriti nella battaglia con le Forze siriane vicino ad Al Hom, al confine siro-libanese. Alla frontiera autoambulanze libanesi hanno trasportato i feriti nella Regione di Akkar per le necessarie cure.

Per evitare analoghi episodi e impedire il passaggio di armi e militanti dell’opposizione, la Siria ha chiuso il confine di Bqaiaa nella Regione di Wadi Khaled in ingresso e uscita.

Gli esponenti politici registrano dati sempre più negativi in ragione del fatto che nessun accordo è riuscito finora a invertirne la tendenza.

E’ di pochi giorni fa lo scontro armato fra i sostenitori dell’ex Comandante di Fatah, Ahmed Rashid Adwan, con combattenti del movimento Ansar Allah vicino a Hezb’Allah nel campo profughi di Mieh Mieh a est di Saida (Sidone) nel Sud del Libano con un bilancio di 8 morti e 10 feriti. Il Governo ha inviato l’esercito e sigillato il campo mentre una Commissione palestinese ha ottenuto il cessate il fuoco e Ansar Allah ha ritirato i suoi uomini che avevano occupato gli ufficio di Adwan.

Questo scontro è avvenuto solo pochi giorni dopo un accordo firmato da tutte le formazioni palestinesi presenti in Libano, con Hez’b Allah e il Movimento Amal, ai sensi del quale i palestinesi si impegnano alla neutralità sia per la politica interna che per la guerra in Siria.

La calma è però solo apparente.

Al momento nel nord a Tripoli la situazione è sotto il controllo di ingenti truppe che negli ultimi giorni hanno tratto in arresto oltre 100 responsabili delle violenze.

Il Ministro dell’Interno, Nouhad Machnouk, ha promesso un piano di sicurezza anche per la Valle della Beqaa nel quadro delle decisioni assunte dallo stesso Presidente che prevede non solo una rinforzata presenza militare in tutte le aree di crisi ma anche compensazioni per le vittime causate nel corso degli scontri.

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Il Castello di Saida (Sidone)

Il Castello di Saida (Sidone)

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