BOKO HARAM ALLA GUERRA…con corpi di giovani donne

BOKO HARAM ALLA GUERRA…con corpi di giovani donne

Nuova strategia di Boko Haram che paga molto: ratto di giovani donne come merce di scambio!

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

Nella capitale nigeriana Abuja il World Economic Forum si è svolto con misure di sicurezza rinforzate dopo l’ennesimo attacco di Boko Haram.

Il 6 maggio, in dodici ore militanti del gruppo islamico a bordo di pick up e mezzi blindati armati di fucili d’assalto e lanciagranate a razzo sono arrivati a Warabe e WaWala nella Chibox Local Government area e hanno sequestrato 11 ragazze fra i 12 e i 15 anni.

Il gruppo ha poi raggiunto la città di Gamboru Ngala, al confine della Nigeria con il Camerun e sede della Ngala Local Government Area dello Stato del Borno, e ha sparato sulla popolazione nel mercato e nella cittadina dando alle fiamme case, negozi, veicoli.

Il bilancio provvisorio è stato di oltre 300 morti e centinaia di feriti.

C’è stato bisogno dell’ennesimo massacro eseguito nella persistente inerzia del Governo Federale ma questa volta alla presenza nel Paese di leader mondiali presenti al WEF per scuotere la Comunità Internazionale. Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Cina hanno assicurato l’invio di unità speciali con la copertura satellitare e droni di sorveglianza per dare una svolta alla ricerca dei nuclei combattenti del movimenti islamico con il prioritario obiettivo di recuperare le ragazze sequestrate nelle incursioni del 14 aprile e del 6 maggio.

Segnale di discontinuità resosi ancora più necessario dopo la denunzia di Amnesty International che afferma di aver raccolto testimonianze attendibili che la sicurezza nigeriana era stata informata dell’attacco del 14 aprile almeno 4 ore prima ed era quindi in tempo di predisporre le adeguate contro-misure.

Dopo il passaggio di Boko Haram...

Dopo il passaggio di Boko Haram…

L’Unione Europea già dal 2007 aveva evidenziato l’alto livello di minaccia di Boko Haram a livello regionale.

Il gruppo nasce in una delle aree più povere del mondo, dove mortalità infantile, tasso di alfabetizzazione e disoccupazione di massa raggiungono livelli da crisi umanitaria. Orientato sulle emergenze locali causate dal una leadership corrotta, un apparato securitario inadeguato e l’accaparramento delle ricche risorse energetiche nelle mani di una ristretta élite, il Capo di Boko Haram, Abu Baker Shakatu, può contare anche sul gruppo scissionista Ansaru che predilige l’internalizzazione dello scontro attraversando i confini dei Paesi vicini.

Il progetto della delocalizzazione della lotta armata in Camerun, Chad e Niger era stato diffuso in un forum jihadista nel novembre 2012 dallo stesso Shakatu.

Ripresa dal Rapporto Onu del 2012, la doppia valenza interna e internazionale di Boko Haram era valutata come conseguenza della guerra in Libia poi ricaduta nella fascia del Sahel dove ritornavano quanti avevano combattuto con Gheddafi. E portavano armi, sottratte dai ricchi depositi del Colonnello.

Nello stesso senso e più recentemente, nell’aprile 2014 il Country Reports on Terrorism del Dipartimento di Stato americano evidenzia i contatti logistici, finanziari e addestrativi di Boko Haram con omologhe formazioni jihadiste operanti nella striscia sahelo-sahariana come Al Qaeda in the Islamic Maghreb, al Qaeda e al Shabaab.

A livello internazionale inoltre, la terribile vicenda delle giovani studentesse sequestrate ad aprile è oggetto nell’immediato di una campagna mediatica attivata negli Usa sui siti Changeorg, Facebook e persino su quello della Casa Bianca con lo slogan Bring Back Our Girls.-

E la risposta USA è stata tempestiva con intervento del Presidente Obama. Ora bisognerebbe passare dalle buone intenzioni ai fatti.

Nota editoriale: Boko Haram sta ottenendo esattamente uno dei risultati che cercava: visibilità internazionale, ‘armi’ di ricatto…comprendendo che solamente uccidere non serve ma avere fanciulle in ostaggio sì. Ancora una volta il corpo delle donne serve come merce di scambio, quale che sia.

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