LA CAPITOLAZIONE DELL’ANP

LA CAPITOLAZIONE DELL’ANP

La lunga, troppo lunga, marcia verso una pace utopica tra Israele e Palestina…Kerry, Abu Mazen, Hamas, ANP: quanto attori!

Il Direttore Scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

Mahmud Abbas

Mahmud Abbas

 

La sera dell’1 aprile Washington e Tel Aviv trovarono l’intesa da imporre all’ANP con una road map peggiore di quella presentata dal Segretario di Stato John Kerry al Presidente Mahmoud Abbas lo scorso mese.

L’accordo prevedeva quanto segue:

–       l’estensione del “processo di pace” dal 29 aprile 2014 al 2015, termine nel corso del quale ai palestinesi è vietato presentare unilateralmente richieste all’ONU;

–       prima della Pasqua ebraica gli USA libereranno Yonathan Pollard in arresto dal 1985 per spionaggio a favore di Israele e condannato all’ergastolo;

–       Israele libererà i restanti trenta prigionieri che ha rifiutato di scarcerare il 29 marzo violando gli impegni assunti negli Accordi del luglio 2013;

–       Israele s’impegna a scarcerare altri 400 palestinesi con residuali pene detentive di pochi mesi, non responsabili di attacchi a persone e compresi in un elenco redatto dagli israeliani;

–       Israele s’impegna a congelare per 8 mesi la costruzione di colonie tranne che a Gerusalemme Est e continuando a costruire negli insediamenti minori.

Per la liberazione della spia israeliana occorrerà la firma del Presidente statunitense.

Sulla liberazione dei palestinesi si è dichiarato contrario il Ministro della Costruzione e dell’Abitazione Pubblica Uri Ariel del Partito dei coloni “Casa Ebraica” perché sarebbe “disonorevole per Pollard essere barattato con assassini palestinesi”.

Nell’incontro previsto a Ramallah il 2 aprile fra John Kerry e l’ANP (che non si è tenuto perché il leader dell’ANP aveva intanto chiesto formalmente di aderire a ben 15 agenzie dell’ONU e Kerry di conseguenza annullò l’incontro), Abu Mazen avrebbe dovuto accettare tutte le iniziative e imposizioni stabilite unilateralmente da Tel Aviv con il placet degli USA e il tacito assenso della Comunità Internazionale. E la sera prima Tel Aviv aveva indetto una gara d’appalto per la costruzione di 708 unità abitative a Gilo, nella zona araba di Gerusalmme…

Kerry e Netanyau

Kerry e Netanyau

E se Mazen non accetterà il piano imposto sarà indicato da Israele, USA e l’intera Comunità Internazionale come unico responsabile del “rifiuto della generosa offerta”, così come avvenuto tra il 12 e il 26 nel luglio 2000 a Camp David in conclusione dell’incontro fra il Premier Ehud Barak e il Presidente Palestinese Yasser Arafat.

Arafat rifiutò l’offerta di una porzione della Palestina inferiore a quella nei confini antecedenti la guerra del 5 -11 giugno 1967, senza Gerusalemme Est e senza diritto al ritorno dei rifugiati della guerra del 1948. Un’orchestrata campagna mediatica lo delegittimò nell’intero consesso internazionale.

Ancora una volta sarà possibile che Mahmoud Abbas accetti e che il “processo di pace” a guida USA e mai nato continuerà ad accompagnare occupante e occupato almeno fino al 2015. Altra previsione è che il Presidente dell’ANP minacci di sciogliere l’ANP, che attraversa peraltro l’ennesima e pesante crisi economico-finanziaria.

Un considerevole contributo a questa ipotesi è fornito dal Rapporto Finale The Day After del Palestinian Center for Policy and Survey Research di Ramallah diretto dal Dr. Khalil Shikaki sull’ipotesi di scioglimento dell’ANP.

Secondo questo studio la maggioranza dei palestinesi ha interesse alla sopravvivenza dell’ANP perché comporta vantaggi finanziari, status politico e sociale, un livello di sicurezza che almeno evita caos e anarchia.

L’ANP ha oltre 20 anni e ha subito molte critiche intensificatesi sin dagli ultimi anni del ’90 e sfociate nella seconda Intifada perché non aveva raggiunto nessuno degli obiettivi per cui era stata creata: condizione di Stato e fornitura di servizi pubblici.

Problemi ai quali oggi si aggiungono difficoltà economiche, disoccupazione con punte del 70% a a Gaza a alla rottura fra la leadership di Hamas a Gaza e l’ANP di Mazen e Fatah in Cisgiordania.

Secondo lo studio l’ANP potrebbe collassare per una delle ipotesi indicate di seguito:

–       decisione volontaria della leadership palestinese. Più volte annunciata e mai eseguita è poco probabile;

–       intervento economico, militare e politico di Israele con appoggio USA in ritorsione di passi unilaterali palestinesi come il ricorso alla Corte Penale Internazionale o l’esplosione di una terza Intifada;

–       l’implosione per ribellione interna.

Una minoranza ritiene la disintegrazione dell’ANP un fatto certo nel breve periodo atteso il rifiuto israeliano di accettare la soluzione dei due Stati. La maggioranza e gli stessi israeliani ritengono che la sopravvivenza dell’ANP preserva lo status quo ed è interesse comune perché oltre c’è solo il baratro. L’eventuale fallimento o meno dell’ANP dipenderà da scelte della dirigenza.

Jonathan Pollard

Jonathan Pollard

Romperà o meno le consolidate abitudini di corruzione, centralizzazione burocratica, mancanza di organi consultivi, gratificazione immediata di interessi privati e fazioni? Deciderà o meno di rinnovare lo status del PLO e includere i movimenti islamici, decentrare la pianificazione e trasferirne le responsabilità a organizzazioni e istituzioni civili, creerà un meccanismo di gestione alternativo o formerà un Governo in esilio?

La sola certezza è che il crollo dell’ANP comporterebbe danni ai settori pubblici e privati, frammentazione sociale e politica, aggravamento delle condizioni sanitarie, rafforzamento di tribù e clan; spaccatura definitiva tra Gaza e Cisgiordania, insorgenza di bande armate, caos nella sicurezza pubblica e ritorno alla violenza come mezzo di lotta.

Non potrebbe restarne indenne neppure il Governo di Hamas a Gaza, strangolata dal blocco imposto da Israele ed Egitto.

(continua)

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