SIRIA. L’ACCANIMENTO TURCO

SIRIA. L’ACCANIMENTO TURCO

Quale è la posizione della Turchia, elemento di grande importanza nel conflitto siriano? Non è da dimenticare anche la posizione della regione dell’Hatay con l’importante porto di Iskenderun (Alessandretta) da sempre rivendicato dalla Siria (una storia che risale a prima dello scoppio della seconda guerra mondiale.

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

La mattina dell’1 aprile l’Esercito turco ha bersagliato con artiglieria pesante il territorio siriano dopo che un missile ha colpito una moschea nella provincia di Hatay, luogo di incontro e smistamento dei jihadisti verso Damasco.

L’inaspettata e trionfale vittoria alle elezioni amministrative del 30 marzo ha galvanizzato il Premier Recep Tayyp Erdogan che ne approfitta subito per rinforzare anche la sua politica estera. E l’impegno turco in Siria non potrà che aumentare.

Erdogan

Erdogan

Negli ultimi dieci giorni il confine siro-turco è teatro dello scontro fra:

–       la coalizione di opposizione con l’inedito schieramento dei jihadisti qaedisti di Al Nusra insieme a Esercito Libero Siriano e il Fronte Islamico forte di circa 60 mila uomini armati e appoggiato dall’Arabia Saudita;

–       l’ Esercito governativo siriano.

Le varie formazioni avrebbero lanciato l’offensiva partendo dal territorio turco e hanno occupato nella regione montagnosa a Est del porto di Latakya il villaggio armeno di Kassab e un sito vicino al mare.

Gli oppositori sarebbero stati coperti da pesanti cannoneggiamenti dei turchi che ne avrebbero facilitato l’operazione.

Ankara ha smentito ogni tipo di sostegno mentre dall’altra parte la Siria nella periferia Nord di Latakya bombarda le postazioni dei ribelli facendo anche uso dell’aeronautica e secondo l’emittente statale avrebbe sottratto ai ribelli alture di interesse strategico per il controllo dell’area. Nei dieci giorni il bilancio delle vittime è superiore alle mille unità.

Le ingerenze della Turchia sono denunciate dalla Siria che ultimamente ha subito:

–       il 21 marzo, l’abbattimento di un MIG per asserita violazione dello spazio aereo turco mentre il pilota, salvatosi paracadutandosi afferma che era nel spazio siriano;

–       il successivo giorno 30, l’ingresso nella provincia di Latakia di formazioni armate provenienti dalla Turchia, secondo le dichiarazioni del Ministro Omran al Zoubi.

Peraltro dopo l’incidente del giugno 2012, quando la contraerei siriana colpì un aereo da ricognizione turco, Ankara distrusse per ritorsione un elicottero siriano.

Inoltre, nell’ottobre successivo il Premier fece approvare una legge che autorizza interventi militari oltre confini senza neppure ricorrere alla NATO che pure può intervenire nel caso di attacchi a un Paese della coalizione. Perché questo accanimento contro Damasco?

Erdogan aveva adottato la dottrina della profondità strategica elaborata dal suo Ministro degli Esteri Ahmed Davutoglu per un vicinato non ostile e utile all’ampliamento dell’orizzonte politico nella Regione. Eppure il Premier è stato fra i primi ad abbandonare Damasco, quando ancora solo la muscolosa e improvvida reazione del generale Maher, fratello del Presidente e Comandante delle Forze Repubblicane, aveva trasformato le manifestazioni pacifiche e localizzate in opposizione armata allargata a tutto il territorio. Quando la richiesta non era il cambio di regime ma il diritto a lavoro, salute, abitazione, libertà d’espressione, fine della legislazione d’emergenza, liberazione di prigionieri politici.images

Il successo elettorale ha rinforzato Erdogan nel momento in cui si trovava isolato da mesi:

–       sul piano interno, con oceaniche manifestazioni di protesta, accuse di corruzione e autoritarismo per la campagna avviata contro Polizia e Magistratura, il potenziamento dell’Intelligence e il divieto d’accesso a Twitter;

–       a livello internazionale per l’appoggio ai Fratelli Musulmani e al Qatar perdendo i rapporti con il Consiglio di Cooperazione del Golfo.

Attualmente, il Premier ha riconquistato il foro interno con il consenso delle masse popolari conservatrici e serbatoio elettorale dell’AKP ed emarginato Izmet, l’organizzazione civile e religiosa di Gulan indicata come nemica del Governo, e può definire Twitter e social network come portavoce della deriva modernista.

A Erdogan rimane il nemico esterno simboleggiato dalla Siria, principale obiettivo regionale che può impunemente attaccare militarmente e ostacolare in seno all’incontro tripartito di Ginevra 2.

Infatti, il deluso Inviato Speciale di ONU e Lega Araba, Lakhdar Brahimi, ha programmato a Ginevra una difficile sessione entro il 10 aprile con il vice Ministro degli esteri russo  Mikhail Bogdanov e il sotto Segretario di Stato USA Wendy Sherman.

Una panoramica del porto di Iskenderun nell'Hatay

Una panoramica del porto di Iskenderun nell’Hatay

Ma il Presidente statunitense durante la visita a Riyadh ha assicurato i sauditi che armerà i ribelli e richiederà la rimozione di Assad e l’opposizione non intende rinunciare alla precondizione dell’allontanamento del Presidente siriano dalla scena.

Non è difficile prevedere le dimissioni di Brahimi e un’escalation della guerra in Siria.

©www.osservatorioanalitico.com – Riproduzione riservata

Lascia un commento