GRANDE MEDIO ORIENTE. 1. POSIZIONE DELLA LEGA ARABA. 2. POSIZIONE IRANIANA

GRANDE MEDIO ORIENTE. 1. POSIZIONE DELLA LEGA ARABA. 2. POSIZIONE IRANIANA

Continua il ‘grande Gioco’ ma questa volta in Medio Oriente. Riunioni, incontri, razzi scagliati e bombardamenti. E tutto o quasi iniziò nel 1917 con la lettera di Lord Balfour, di un pragmatismo cinico notevole per dare una ‘terra senza popolazione a una popolazione senza terra’, dimenticando che sulla terra palestinese esistevano comunque degli esseri umani e non erano nemmeno tutti musulmani… perchè vi erano molti cristiani. A circa cento anni da quella lettera vari attori cercano ancora inutilmente di risolvere la questione.

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

Il documento originale della 'Dichiarazione Balfour' del 1917.

Il documento originale della ‘Dichiarazione Balfour’ del 1917.

1. POSIZIONE DELLA LEGA ARABA

Il 26 marzo 2014 in Kuwait si è chiuso il 25° Vertice della Lega Araba guidata da Nabil al- Araby con indicatori che ne segnalano il definitivo spostamento verso il ruolo egemonico dell’Arabia Saudita.

In primo luogo nessun cenno viene fatto sulla crisi in seno al Consiglio di Cooperazione del Golfo che ha visto Arabia Saudita, Bahrein ed Emirati ritirare gli Ambasciatori dal Qatar per l’appoggio fornito da Doha ai Fratelli Musulmani. Ancora più grave è il silenzio sulla condanna a morte inflitta a 529 presunti militanti della Confraternita per l’uccisione di un agente di Polizia durante le proteste contro il colpo di Stato del 3 luglio 2013.

Grave perché la sentenza costituisce solo la prima parte di quella che il prossimo 28 aprile sarà pronunciata contro altri 683 Fratelli Musulmani fra i quali la loro guida spirituale Mohamed Badie. Condanne passate senza che neppure il Qatar abbia speso una parola.

Il terzo segnale è la richiesta del principe ereditario saudita Salman di dare all’opposizione il seggio che in seno alla Lega Araba spetta a Damasco. Seggio che è vacante dal novembre 2011 e non ancora concesso ai rivoltosi per l’opposizione di Algeria, Iraq e Libano.

Comunque, in apertura di Vertice, il Presidente della Coalizione delle opposizioni imposto dall’Arabia Saudita, Ahmed Jarba, ha potuto prendere la parola nonostante le critiche per l’opaca gestione economica e la scarsa considerazione che ne ha il dissidente storico Michel Kilo, leader del Blocco Democratico della Coalizione.

E’ ancora l’Arabia Saudita a dominare nel documento conclusivo del Vertice che chiude con due richieste: intervento del Consiglio di Sicurezza ONU per fermare il conflitto siriano e invio di armi alle milizie siriane e jihadiste straniere. Richiesta, quest’ultima, fatta dal principe Salman che ne ha esposto la necessità “per alterare la situazione sul campo”.

Situazione di difficoltà per le opposizioni che dopo le sconfitte a Qusayr nel dicembre 2013 e Yabroud nel marzo 2014 hanno perduto il controllo della Frontiera con il Libano da dove arrivavano militanti e armi.

L’opposizione si trova a un bivio dopo aver iniziato a fine marzo una campagna offensiva sul valico di Kasab nel Sud, alla frontiera siro-libanese nella provincia di Lakatya. Il controllo del valico è essenziale per rifornimento di armi e passaggio dei combattenti.

In attesa degli aiuti richiesti all’Occidente, è sceso in campo il Premier turco Erdogan che il 23 marzo ha inviato aerei da combattimento F 16 per abbattere un Mig siriano per asserita violazione del suo spazio aereo. Intervento che trasforma Ankara in vera e propria base di retrovia in favore dell’opposizione.

Gli stati appartenenti alla Lega Araba

Gli stati appartenenti alla Lega Araba

La battaglia di Kasab impone a Damasco di distaccare parte delle Forze nella provincia di Lakatya e sguarnire a Sud la frontiera con la Giordania. Area anche questa strategica dove Al Nusra, Esercito Libero Siriano e Fronte Islamico grazie ad armi e ai combattenti inviati dall’Arabia Saudita attraverso la Giordania hanno già il controllo di Quneitra e di alcuni villaggi sulle alture del Golan. L’esito degli scontri a Kasab potrebbe essere decisivo perché l’eventuale vittoria dei rivoltosi potrebbe consentir loro di attaccare Damasco che dista solo 100 km.

Negletta la questione palestinese, la Lega Araba acquisisce il sempre più evidente sostegno turco all’opposizione siriana e la solida intesa fra Riyad e Tel Aviv sul comune nemico iraniano e i suoi satelliti Iraq, Hezb’Allah libanese e jihadisti palestinesi vicini agli sciiti. La posizione della Lega Araba suscita polemiche interne e di Paesi vicini, primi fra tutti l’Iran, la cui svolta riformista potrebbe riconfigurare le alleanze nell’intera Regione.

 2. POSIZIONE IRANIANA

Nel marzo 2014 interessanti contatti fra Leader di diverso orientamento appena accennati nei media arabi vanno assumendo contorni più definiti e significativi.

Il Premier turco  Recep Tayyip Erdogan non ha rinunciato a recarsi in visita a Teheran pur nella tempesta di accuse che da mesi si abbattono sul di lui e il suo partito AKP. Nonostante Turchia e Iran svolgano un ruolo opposto sulla crisi siriana, l’incontro fra il Premier e la Guida Suprema della Rivoluzione Islamica Sayyed Alì Khamenei evidenzia il solido rapporto fra i due Paesi sottolineato dalle dichiarazioni dei leader. L’Ayatollah parla di una “fratellanza …. senza precedenti nei recenti secoli” e il Primo Ministro replica che sta visitando “il suo secondo Paese”.

A pochi giorni di distanza, hanno visitato Teheran anche il Ministro degli Esteri del Qatar e la delegazione di Hamas guidato dal Segretario Generale Khaled Meshal. Dopo la visita di Meshal, a Gaza il Premier locale Ismail Haniye ha parlato pubblicamente contro Israele e spinto i palestinesi a combattere ed essere pronti al martirio.

Un’immediata eco è raccolta dal Palestinian Islamic Jihad (JIP) filo iraniano:

–       nel fronte interno, il JIP lancia razzi contro i vicini insediamenti israeliani, provocando l’immediata reazione dell’ Esercito di Difesa Israeliano che bombarda la Striscia provocando 4 morti e numerosi feriti;

–       sul fronte estero, subito prima del discorso di Haniyeh, si recano a Teheran il Capo delle Relazioni Internazionali di Hamas, Osama Hamdan, che riferisce dei buoni rapporti con gli iraniani, e il Segretario Generale del JIP, Ramadan Abdullah Shallah.

Insolitamente, poco prima dell’intervento di Haniyeh, da Beirut il Ministro degli Esteri egiziano Nabil Fahmi sottolinea l’importanza  del riavvicinamento con l’Iran nonostante gli aiuti anche finanziari ricevuti dall’Arabia Saudita.

COSA STA CAMBIANDO NELLA REGIONE?      MEDIO_ORIENTE_-_Lega_araba_(378_x_203)

Le rivolte iniziate nei Paesi islamici dal 2009 con le forti proteste in Iran per la rielezione contestata del Presidente Ahmadi Nejad hanno provocato sostanziali e veloci cambiamenti ancora in divenire.

La caduta dei Presidenti tunisino ed egiziano seguita dall’uccisione del leader libico e dal pilotato esilio del Presidente yemenita nel 2011 consente l’ emersione dei Fratelli Musulmani che vincono elezioni democratiche in Tunisia, Egitto e Marocco e conseguono significati risultati in Algeria e Giordania.

Nel 2013 sono i moderati iraniani a conquistare la Presidenza del Paese.

E nello stesso 2013 mentre la Libia crolla nel caos orchestrato da milizie jihadiste, i Fratelli Musulmani sono costretti a lasciare la guida del Governo in Tunisia e Marocco.

In Egitto con un colpo di Stato i militari arrestano il Presidente e l’intera leadership dei Fratelli Musulmani, scatenando la repressione con un bilancio di centinaia di morti e migliaia di feriti e arrestati, fino all’inclusione dei Fratelli Musulmani nell’elenco delle organizzazioni terroristiche. Inclusione subito imitata da Arabia Saudita, Bahrein ed Emirati, tutti di matrice wahabita, che hanno sempre visto la Confraternita come un nemico esiziale perché non riconosce a Riyadh il ruolo di custode di Mecca e Medina.

E sono ancora Fratelli Musulmani a pagarne le conseguenze, dai gazawi dei Territori Occupati palestinesi al ricco Qatar che li ha sostenuti e finanziati: i primi strangolati dall’assedio per terra, mare e cielo da parte di Israele e l’Egitto dei militari, e il secondo emarginato in seno al Consiglio di Cooperazione del Golfo per le critiche nei confronti dei golpisti egiziani.

Se il 2014 sancisce con il 25° Vertice della Lega Araba l’egemonia saudita, nel fronte dei non-allineati i moderati iraniani ritengono arrivata la finestra di opportunità per riproporre il progetto appena accennato nel 2011, quando la Guida Suprema Khamenei dichiara le rivolte in atto una continuazione della rivoluzione islamica iraniana.

Ora l’ala moderata iraniana ritiene di poter realizzare un’epocale riunione fra sunniti e sciiti con ricadute positive su diversi scenari:

–       mettere fine al conflitto siriano e alla crisi irachena, dove lo scontro fra le diverse formazioni jihadiste ha attivato una guerra fratricida di matrice religiosa;

–       concludere i negoziati sul nucleare nel Gruppo “5 P + 1”;

–       porre fine finalmente all’occupazione dei Territori Palestinesi.

Situazioni che trovano su posizioni differenti non solo gran parte dell’Occidente ma anche  altri Paesi islamici, soprattutto l’Arabia Saudita.

Situazioni che potrebbero essere oltrepassate da un’alleanza globale, già presente sia pure in embrione nei rapporti dell’Iran con Qatar, Oman e Kuwait; le formazioni armate palestinesi sunnite e sciite; la Turchia. E soprattutto nella ripresa dopo trentatre anni del dialogo con gli USA e gran parte dell’Occidente.

La sfida è ambiziosa ma Teheran non appare disposta ad abdicare al ruolo svolto nella Regione.

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   latuff arab league gaza

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