GERUSALEMME. SOVRANITA’ ISRAELIANA SUL MONTE DEL TEMPIO ?

GERUSALEMME. SOVRANITA’ ISRAELIANA SUL MONTE DEL TEMPIO ?

Sarà ancora lungo il periodo ma Israele dovrà arrendersi al fatto inoppugnabile che la Palestina diventi uno stato sovrano e già è molto se non troppo tardi. Da ambo le parti ci sono ragioni serie per non riuscire ad arrivare ad un accordo che prevede rinunce per i due contendenti ormai da quasi settanta anni in lotta. Israele è uno stato circondato, questo è vero, dagli arabi. E’ però ormai in posizione solitaria perché almeno per il momento anche l’alleato forte, gli USA, hanno compreso che quella situazione deve essere risolta e poco importa al resto del mondo quali sacrifici le due parti debbano sopportare….eppure…se…la pace fosse siglata concretamente…ne avrebbero da guadagnare tutti anche finanziariamente cooperando economicamente nella regione.

Il Direttore Scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

Aggiornamento: il 9 marzo 2014 le suore del Convento di Maalula sono state liberate: uno scambio con 153 detenute in carcere in Siria, secondo quanto scritto dai media libanesi.

In Israele e nei Territori Occupati la fine di febbraio 2014 è stata costellata da numerosi eventi che hanno contribuito a peggiorare la situazione.

Il giorno 25 febbraio a Gerusalemme sulla Spianata delle Moschee gli scontri fra circa cinquanta giovani palestinesi e la Polizia israeliana, fatta oggetto di lanci di sassi, hanno causato una ventina di feriti, quattro arrestati e l’accesso al luogo sacro per la preghiera del venerdì consentito solo agli uomini con più di 50 anni.

I dimostranti protestavano contro il disegno di legge del Likud che prevede l’applicazione della sovranità israeliana sulla Spianata che ospita la Cupola della Roccia e la Moschea di Al Aqsa.9c-likud-logo

Disegno che segue di due giorni l’approvazione della legge del Likud che intende distinguere la minoranza palestinese fra musulmani e cristiani, al dichiarato fine di spezzare la compattezza della popolazione araba.

Il promotore della legge vuole che i palestinesi cristiani siano indicati solo come “cristiani” e non più come “arabi” per distinguerli dai musulmani e prevede un accesso al lavoro facilitato solo per i primi.

Contro il disegno di legge inerente allo status di Gerusalemme hanno protestato i cinquantasette membri dell’Organizzazione della Cooperazione Islamica e quarantasette dei 150 deputati giordani che hanno presentato ad Amman una mozione per cancellare il Piano di Pace del 1994 con Israele senza ottenere risposte dal Governo. Nessuna eco da parte della Comunità Internazionale.

Pochi giorni dopo, a Parigi il Segretario di Stato americano John Kerry ha incontrato il Presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese (ANP) Mahmoud Abbas (Abu Mazen) e presentato una nuova bozza sul piano di pace israelo-palestinese.

Kerry e Abu Mazen

Kerry e Abu Mazen

 

La proposta prevede: il congelamento delle costruzioni di nuove unità abitative nelle colonie più isolate e lontane dai grandi insediamenti che potranno continuare a espandersi; l’acquisizione per i palestinesi di aree israeliane ad alta densità abitativa araba; la costruzione di una barriera di sicurezza nella Valle del Giordano lungo il confine fra Israele e Cisgiordania pattugliata dall’IDF e dopo anni anche con presenza palestinese; la capitale a Beit Hanina, a nord di Gerusalemme, verso Ramallah.

Non è stato affrontato il tema delle 11.700 unità abitative realizzate e in programma dalla ripresa negoziale del luglio 2013 e neppure quello della confisca del 18% di terre palestinesi in Cisgiordania per l’ampliamento delle colonie e la costruzione del “Muro di separazione”.

Infine, il Presidente dell’ANP è stato sollecitato a riconoscere Israele come “Stato ebraico”.

Punto quest’ultimo sul quale Nabil Amro, membro del Comitato Centrale della Palestinian Liberation Organization, ha dichiarato disponibilità da parte della leadership se quanto chiede Tel Aviv sarà presentata in modo più articolato.

Nel disinteresse dei Vertici dell’ANP ormai lontana come la PLO dal suo popolo, è stato Mustapha Barghouti a indicare alla leadership palestinese i motivi che non consentono di riconoscere Israele come Stato ebraico:

–       significherebbe abbandonare i rifugiati, costretti con la forza a lasciare le loro case ed  emarginare i palestinesi cittadini israeliani, mentre il diritto al ritorno va risolto secondo le iniziative della Lega Araba;

–       la PLO ha riconosciuto lo Stato di Israele nel 1993 come parte dell’Accordo di Oslo, unilateralmente perché Israele non ha mai riconosciuto lo Stato di Palestina e si è opposto in sede di Assemblea Generale ONU del novembre 2012 persino al riconoscimento dell’ANP come Stato Osservatore non membro. E Israele non ha fatto questa richiesta all’Egitto nel 1979 e alla Giordania nel 1994 quando ha firmato gli Accordi di pace;

–       1/5 della popolazione dello Stato di Israele è arabo-palestinese per cui Tel Aviv sta chiedendo ai palestinesi di accettare di essere cittadini di serie B.

Alla fine del mese di febbraio sono stati pubblicati due Rapporti: il “Trigger Happy” di Amnesty International” e il “Rapporto finale” del Relatore Speciale dell’ONU per i Diritti Umani  nei T. O., Richard Falk.

Richard Falk

Richard Falk

Il primo prende in esame gli ultimi tre anni nel corso dei quali almeno quarantacinque palestinesi sono stati uccisi e migliaia feriti quando “molti di loro non rappresentavano una minaccia immediata e diretta per i soldati israeliani” e critica Tel Aviv per “non aver condotto indagini indipendenti”.

La pubblicazione del Rapporto ha spinto l’Organizzazione per i Diritti Umani con sede a Londra a rivolgere un appello ai Governi di tutto il mondo, compresi USA e ed EU, a cessare la fornitura di armi a Israele.

Il secondo Rapporto parla di “segregazione e apartheid “ del popolo palestinese e precisa che Israele ha rifiutato anche la minima cooperazione con l’Organizzazione per i Diritti Umani impedendogli più volte l’accesso nei Territori Occupati “in violazione dei doveri legali degli Stati membri che sono tenuti a facilitare tutte le missioni del Consiglio dei Diritti Umani nonché dell’ONU in genere”.

Il documento evidenzia che le aziende operanti negli insediamenti della Cisgiordania “dovrebbero rispettare i recenti obblighi formulati per le aziende in conformità  con il diritto internazionale”. Inoltre, denunzia violenza sproporzionata dell’IDF, arresto e tortura di minori, repressione di ogni movimento di protesta pacifica, esproprio di terreni e il “Muro di separazione”.

Tra le raccomandazioni, il Relatore Speciale chiede “che la Corte di Giustizia Internazionale esprima un parere in riguardo all’illegittimità della prolungata occupazione della Palestina e proibisca il trasferimento di un alto numero di persone dalla potenza occupante nei Territori Occupati. Si auspica una presa di posizione in merito ai sistemi amministrativo e legale, altamente discriminatori”. Il Rapporto conclude: “l’occupazione della Palestina  possiede le inaccettabili e illegali caratteristiche del colonialismo, dell’apartheid e della pulizia etnica”.

In merito ai Rapporti:

–       Israele ha: accusato Amnesty International di essere di parte e ignorare le violenze compiute dai palestinesi contro gli israeliani; definito “vergognoso” Falk, in merito al quale nel 2012 aveva ottenuto l’espulsione dal team Human Rights Watch e promosso l’adozione di una Risoluzione ONU sul suo ruolo perché “antisemita”. Il Relatore Falk è di religione ebraica;

–       USA e Canada hanno chiesto le dimissioni di Falk anche se il suo mandato scade a giorni (marzo 2014).

Nessuna reazione della Comunità Internazionale, neppure quando il Segretario di Stato Kerry ha comunicato alla fine di febbraio che non sarà possibile concludere il processo di pace israelo-palestinese entro la data prevista, aprile 2014 ma nel dicembre.

L’ennesimo “processo di pace” a guida USA è nato per fallire e utilizzato come esercizio diplomatico come gli altri. Ma gli scontri sulla Spianata delle Moschee dovrebbero quanto meno richiamare alla Comunità Internazionale gli eventi del settembre 2000, che dettero avvio alla seconda Intifada, quella delle stragi.

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