Il ritorno di Pietro il Grande? E l’Italia?

Il ritorno di Pietro il Grande? E l’Italia?

Le vicende di questi giorni in Ucraina e in Crimea riportano alla mente antiche spinte geopolitiche secolari…le costanti storiche e geografiche riprongono temi già visti, anche con qualche  nuovo parametro che necessita attenzione, come ad esempio il petrolio o il gas. Parlare di ‘stare dalla parte sbagliata della storia’? La parte è sbagliata solo se si perde…

Il Direttore Scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

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Ancora una volta la crisi ucraina mette in luce tutte le debolezze di un UE (Unione Europea) divisa da fortissimi particolarismi. L’opinione dei maggiori attori europei sono contrastanti, Regno Unito e Francia sembrano associarsi agli States nel voler disertare i lavori preparatori del G7 di Sochi. A sua volta la Germania, visti i suoi fortissimi interessi economici con Kiev e Mosca, si fa paladina del dialogo attraverso la lady di ferro teutonica.

E l’Italia? Giusto il “Bel Paese” come ormai ci si è abituati a credere, osserva in un suo freddo immobilismo, più turbata dai clamori di una legge elettorale che dai venti di guerra che soffiano dalla Crimea e che avrebbero fortissime ripercussioni sui nostri interessi in Ucraina. L’Italia é, infatti, il terzo partner commerciale dell’ex repubblica sovietica. Affari che non sono legati solamente al governo di Kiev ma anche al Cremlino. E’ noto ai più, il forte legame che tra “la grande bellezza” e Mosca si è instaurato in materia energetica. Tramite il partenariato ENI-Gazprom è in ballo l’ambizioso progetto South-Stream, che dovrebbe garantire al nostro Paese una posizione preminente in Europa come esportatore e gestore delle riserve di gas russe.

La situazione sembra ormai abbastanza tracciata in Crimea; si profila con molta probabilità una secessione di questa dal resto dell’Ucraina. Il referendum del 30 Marzo non sarà altro che la legittimazione finale di una situazione che è de facto abbastanza chiara. Il contingente Russo nella penisola è ormai numericamente in grado di sostenere qualsiasi idea bellicosa da parte del “governo” di Kiev e l’abbandono della flotta ucraina dei porti della Crimea suona come un’accettazione della posizione militare Russa, oltre che come sparuta quanto disordinata precauzione militare. Del resto non può esserci confronto militare tra il Cremlino e Kiev, similarmente a quanto ovviamente non ce ne sarebbe tra una formica ed uno stivale. Quello che sembra interessante è come questo stivale con l’aquila con due teste abbia una forte connotazione imperialistica. Lungi dal paragonare la situazione odierna a quella Georgiana del 2008 della quale ancora s’indagano le cause segrete (un’ipotetica complicità statunitense naufragata sotto i colpi dell’artiglieria e dell’aereonautica Russa), non si può non porre l’accento sull’incredibile immediatezza ed efficienza della reazione Russa.images-1

Un’azione, quella del Cremlino, pianificata con attenzione e dovizia di particolari come se alla base vi fosse un protocollo da seguire per stadi. Con certezza la partecipazione dei nuclei speciali dell’SVR Russo e delle unità Vympel dell’FSB è stata determinante nell’assicurarsi le strutture vitali della penisola. Dal punto di vista tecnicamente militare l’occupazione e la chiusura degli aeroporti e dello spazio aereo corrisponde all’esigenza di impedire ogni forma di comunicazione esterna o di ausilio alle forze ucraine presenti in loco in caso di un conflitto armato. Quello che lascia impressionati dalla sottile efficienza russa è il cordone di sicurezza creato introno agli edifici governativi, non tanto per i soldati in uniforme senza distintivi in aperta violazione di ogni trattato internazionale vigente, ma per il cordone esterno creato dagli uomini in borghese, che per movenze e reattività tutto sembrano fuorché civili.

L’impressione che deriva da questa veloce analisi è che la Crimea tornerà alla Russia. Yulia Tymoshenko partita velocemente per Mosca è la prova che l’Ucraina ha compreso velocemente che come la Georgia, non potrà contare sull’aiuto occidentale e che cercherà di salvare almeno le province russofone dagli artigli dell’Aquila Russa, in virtù anche di una minore appetibilità strategica. Del resto la Tymoshenko è ben nota ad accordi atti a scontentare il suo paese. In chiave strategica rimane preoccupante questo passaggio di consegne tra Kiev e Mosca della penisola di Crimea. E’ nota la lungimiranza diplomatica Russa nel nascondere i propri propositi mascherandoli sotto un alone di pacifismo e di protezione dei propri interessi.

Il ritorno dello Zar nel Mediterraneo sarà un problema cui la NATO dovrà presto dare una risposta concreta, anche se questo potrebbe però portare forse in maniera limitata a una maggior apertura della Russia sulla crisi Siriana. Considerato che disponendo a pieno titolo di una penisola come la Crimea, il Cremlino potrebbe destinare la base siriana del porto di Tartus ad un ruolo più logistico che strategico. D’altro canto la Marina di Pietro il Grande ha sempre avuto l’ambizione di lanciarsi a pieno titolo nel Mediterraneo, e queste ipotesi non possono non preoccupare Roma. L’Italia indebolita da una forte crisi politica ed istituzionale, ha meno che mai bisogno di sconvolgimenti che vadano ad intaccare quegli investimenti ed interessi che potrebbero dare al paese un po’ di respiro economico. Il Paese non può permettersi un’altra Libia e questa volta la risposta dovrà essere rapida precisa e ben ponderata, sia nei confronti della Russia che dell’UE, e soprattutto nei confronti di Washington che già troppe volte ha bluffato nei confronti delle giovani repubbliche dell’est.

Una guerra non conviene a nessuno, ma se ci sarà da combattere l’esito potrebbe essere non così scontato. La NATO e l’UE sono, infatti, attesi alla prova del nove, e dovranno dimostrare di non essere solo una versione odierna della Lega di Delo, in cui gli USA svolgono la funzione che fu di Atene, cioè di grande baluardo democratico ma che si dimostrò alla lunga solo uno strumento di controllo nei confronti dei foederati per il raggiungimento dei suoi obbiettivi economico politici. Soprattutto l’UE dovrebbe assumere un ruolo di guida nei confronti di un’ipotetica coalizione in chiave anti-russa: dopotutto l’Ucraina è una faccenda Europea. In ultima analisi forse nel Mediterraneo più che di immigrazione potrebbe tornare di moda parlare di mostri d’acciaio.

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