Egitto: Il Mushir al Sisi, probabile futuro Presidente egiziano ma già Faraone.

Egitto: Il Mushir al Sisi, probabile futuro Presidente egiziano ma già Faraone.

Gian Battista Vico ancora una volta ha ragione…fermo restando che nulla si ripete allo stesso modo….ma l’Egitto, che ha un ruolo cardine nell’equilibrio mediterraneo, almeno nel secolo XXI, ripropone soluzioni politiche molto forti nel XX secolo, dopo il secondo conflitto mondiale. ‘Faraoni’ di origine militare, detentori di un potere assoluto (come lo erano i loro lontani antenati) guidano il Paese e anche dopo la cosiddetta ‘primavera araba’ (forse più un inverno arabo) un militare si appresta con il favore del popolo a ripristinare l’ordine, sempre che i Fratelli Musulmani glielo permettano. Chi sarà il più forte?

Il Direttore Scientifico: Maria Gabriella Pasqualinithe-muslim-issue-wordpress

Il Generale Abdel Fattah al Sisi, da poco promosso dal Presidente della Repubblica ad interim Adly Mansour al grado di Feldmaresciallo (Mushir), è certamente l’uomo più potente in Egitto.

In tutte le occasioni al Sisi si è presentato come il “guardiano della volontà del popolo”, ed è riuscito a conquistarsi il favore di buona parte della popolazione con abili discorsi patriottico – sentimentali, nonostante (o forse grazie) la dura e sanguinosa repressione dei Fratelli Musulmani e l’estromissione del Presidente Morsi.

Il Muscir Al Sisi è il nuovo simbolo della “centralità” dell’esercito, da sempre presente nelle dinamiche egiziane. Il potente generale non ha perso una sola occasione, nei suoi interventi pubblici, per rimarcare il ruolo delle forze armate, giustificando l’interevento armato quale atto “necessario”, non una “scelta” bensì un “obbligo” per assecondare la voce del popolo, inascoltata dai fratelli musulmani.

Allorquando Abdel Fatah al Sisi, musulmano osservante, fu nominato dallo stesso Morsi Comandante generale dell’Esercito e Presidente del Consiglio Supremo delle Forze Armate, in sostituzione del Feldmaresciallo Mohamed Hussein Tantawi e al termine di una vasta epurazione dei vertici legati al Rais Mubarak, in molti avevano speculato su un’alleanza tra i militari e i leader islamici.

L’apparente affinità di al Sisi con l’ideologia e l’azione politica dei Fratelli Musulmani ha avuto breve durata, ed i fatti di questi ultimi mesi hanno seccamente sovvertito tale scenario.

Al Sisi è un sessantenne cairota laureatosi in scienze militari presso l’Accademia Militare egiziana ed ha un master ottenuto presso l’US Army War College in Pensylvania. L’esperienza americana ha rafforzato le relazioni di al Sisi con l’Esercito americano, favorito anche dalla conoscenza della lingua inglese.

La politica americana di ospitare nelle proprie scuole militari i generali in carriera di molti paesi, alla lunga da i suoi frutti, soprattutto quando alcuni di essi arrivano ai vertici dello Stato, come nel caso di al Sisi.

La biografia di Abdel Fatah al Sisi non si discosta molto da quella di Gamal Abdel Nasser, nell’immaginario collettivo egiziano il salvatore della patria, simbolo degli Ufficiali liberi che assunsero il potere nel 1952 ponendo fine alla monarchia e che rimase Presidente nonostante l’umiliante sconfitta della guerra dei sei giorni contro Israele nel 1967.images-1

Al Sisi non è un “eroe” di guerra, come il vecchio Rais Mubarak, non ha alcuna esperienza operativa in attività di combattimento, ha seguito uno sviluppo di carriera comune a molti altri generali sino ad arrivare, nel febbraio del 2011, al vertice dell’intelligence egiziana.

Il generale è un personaggio “enigmatico”, con uno sguardo impenetrabile, gli occhi nascosti da spessi occhiali scuri, ma è un personaggio molto amato dalla popolazione che già lo considera il “nuovo” salvatore della patria.

La popolarità che gode Abdel Fatah al Sisi è il risultato della reazione della popolazione egiziana a tre anni d’instabilità e ai continui capovolgimenti politici: cacciato il Rais Hosni Mubark subentra il Feldmaresciallo Tantawi, messo da parte Tantawi arrivano i Fratelli Musulmani e Morsi, destituito quest’ultimo entra di prepotenza alla ribalta al Sisi.

Certamente è amato dalla minoranza copta e dalla gerarchia ecclesiastica. Il Papa copto Tawadros si è già recato in visita da al Sisi e segni di apprezzamento sono giunti anche da parte del Patriarca di Alessandria dei copti cattolici Ibrahim Isaac  Sidrak e dall’Eparca (Vescovo) di Alessandria degli armeni cattolici Kricor Okosdinos Coussa.

Piccoli segnali che possono essere interpretati come un velato sostegno ad al Sisi.

Un’eventuale futura netta presa di posizione dei copti può essere giustificata dalla considerazione che, nella breve era Morsi, i Fratelli Musulmani hanno cercato di implementare il ruolo dell’Islam all’interno della società egiziana a scapito delle minoranze religiose, senza dimenticare i numerosi attentati, incendi e saccheggi alle chiese copte.

L’Egitto che ha da poco una nuova Carta Costituzionale, convalidata da un referendum popolare che certifica, se analizziamo i dati, una lacerazione all’interno della società egiziana e una polarizzazione orami rinsaldata.

Nel nord dell’Egitto e nella capitale la notevole affluenza alle urne ha sancito l’appoggio al generale al Sisi mentre al sud, terreno fertile dei Fratelli Musulmani, l’affluenza è stata molto bassa.

La presenza sul territorio delle istituzioni e dei militari da un lato, l’organizzazione capillare dei Fratelli musulmani dall’altro, ha condizionato il risultato del referendum popolare.

Da rilevare la scarsa affluenza alle urne dei giovani tra i diciotto e i trent’anni, inferiore rispetto alla fascia della popolazione tra i trenta e i cinquant’anni, segno evidente di un allontanamento delle nuove generazioni alla politica, di una mancanza di fiducia nelle istituzioni, di una rassegnazione sull’impossibilità di poter cambiare le cose attraverso l’esercizio del diritto di voto.

Giovani sempre più impegnati nella ricerca di una difficile (impossibile?) “terza via”, senza i militari e senza i Fratelli Musulmani.

Il risultato del referendum a favore della nuova Costituzione statuisce la volontà degli egiziani di volere e “pretendere” la stabilità, di volere e “pretendere” il calmierarsi di una situazione politica magmatica e in costante mutamento oramai da troppo tempo.

Egiziani altresì stufi di vivere in un Paese in “ostaggio” delle dimostrazioni di massa che a cadenza settimanale bloccano le principali città.

La voglia di stabilità è così forte che gli egiziani, con la nuova Costituzione, hanno acconsentito ai militari (molti anche inconsciamente giacché quasi il 60% non ha letto il nuovo testo), di mantenere ampi poteri, di riservarsi la prerogativa di scegliere il Ministro della Difesa, di giudicare i civili davanti ai tribunali militari.

Alle prossime elezioni politiche si potrebbe anche realizzare un’alleanza allargata tra i militari, i laici e i liberali, con l’obiettivo di vincere nettamente le elezioni con percentuali bulgare e ridurre al minimo il malcontento.

Il fattore d’incertezza è rappresentato dagli islamisti che, nonostante in pochi mesi siano stati messi al “bando” e relegati al margine della politica egiziana, sono ancora molto attivi e ben radicati sul territorio, soprattutto nelle zone rurali e più povere.

Attivi e ben radicati sul territorio ma probabilmente sempre più isolati e soli nella protesta e nella lotta contro al Sisi o, nella peggiore delle ipotesi, in compagnia di gruppi terroristici come l’ultimo nato, Ansar Bayt al Maqdis, alla ribalta delle cronache di gennaio per una serie di sanguinosi attentati nel cuore della capitale vicino alla grande moschea al-Azhar e nei quartieri di Behoos e Giza.

Una spina nel fianco non solo per il generale al Sisi – o per il ‘signor’ al Sisi nel caso diventasse Presidente – ma per la futura stabilità economico-sociale della terra dei faraoni.

Nel caso diventasse Presidente, il ‘signor’ al Sissi sarà in grado di mantenere tutte le aspettative e le promesse per la costruzione di un Egitto moderno e democratico, di affrontare la crisi economica che attanaglia il Paese, di neutralizzare l’azione degli Ihuanu Muslimuna, di ridimensionare Hamas che controlla la Striscia di Gaza, di calmierare il Sinai? Lo vedremo.

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