“…Da noi oggi, la storia di questa internazionale dell’irredentismo russofobo è nota solo a pochi specialisti, ma negli anni ’20 e ’30 del secolo scorso era nell’agenda delle cancellerie e dei servizi segreti della Vecchia Europa…” Così scrive Virgilio Ilari nella prima parte del suo excursus storico che aiuta a comprendere anche quello che sta succedendo ora nelle repubbliche ex-sovietiche….e per questo il saggio è stato proposto ai lettori, trattandosi di un’analisi geopolitica basata su elementi storici poco conosciuti.
IL Direttore Scientifico: Maria Gabriella Pasqualini
(v. la prima parte pubblicata il 22 febbraio 2014)
…L’archiviazione dell’ Intermarum (1921), le dimissioni del maresciallo Pilsudsky dalle sue cariche politiche e militari (1923) e l’abbandono del Prometeismo da parte dei successivi governi polacchi non provocarono però la fine del movimento, che anzi entrò in una nuova fase grazie al sostegno segretamente accordato dai vertici militari ai nazionalisti ucraini e caucasici emigrati dopo la vittoria bolscevica. Questo supporto fu ufficializzato e intensificato durante la dittatura di Piłsudsky (ossia il regime del “risanamento” o “dei colonnelli”), instaurata dal sanguinoso (379 morti) colpo di stato antiparlamentare del maggio 1926, appoggiato dai partiti socialista, contadino e comunista. Nello stesso 1926 fu fondato a Varsavia l’Istituto Orientale, affiancato nel 1930 dall’analogo Istituto di Vilnius, centri propulsori del Prometeismo, che guadagnò una vasta minoranza di uomini politici, militari e intellettuali. Il Corpo di Difesa dei Confini (1924) e l’Ufficio Orientale dei servizi segreti (1927) condussero numerose missioni di collegamento coi movimenti di resistenza in territorio sovietico, appoggiate dai centri occulti polacchi stabiliti in Turchia e in Iran. La Polonia accolse inoltre, insieme alla Francia, alla Cecoslovacchia e alla Turchia la diaspora ucraina, georgiana, azera, armena, tatara e cosacca e dette il maggior contributo finanziario alle riviste e ai circoli irredentisti sorti a Varsavia, Vilnius, Cracovia, Poznán, Harbin, Parigi, Berlino, Helsinki e al Cairo. Secondo Charaskiewicz l’intervento di due suoi agenti, un tataro e un caucasico, ebbe un ruolo decisivo nell’indirizzare su posizioni antisovietiche il Congresso Mondiale Islamico di Gerusalemme (1931). Inoltre, con l’avallo del governo georgiano in esilio, l’esercito polacco reclutò o formò moltissimi ufficiali georgiani. Nel 1939 erano circa un migliaio, inclusi 6 generali, e tra questi il maggiore Dimitri Shalikashvili, il cui primogenito John Malkhaz David, nato a Varsavia, avrebbe poi ricoperto dal 1993 al 1997 il vertice delle forze armate americane (presidente del comitato congiunto dei capi di stato maggiore).
I sovietici contrastarono il Prometeismo anche con azioni dirette come l’assassinio a Parigi di due capi irredentisti, l’ucraino Petljura (1926) e il georgiano Noe Ramishvili (1930). Ma soprattutto tolsero spazio alla propaganda prometeista con la politica di “nativizzazione” (korenizatsiya) delle 176 nazionalità sovietiche e la creazione di 16 repubbliche e 29 regioni autonome; un modello di soluzione socialista della questione nazionale guardato con interesse anche da vari settori della minoranza ucraino-polacca.
Ciò costrinse Piłsudsky a rinunciare all’idea dell’asse ucraino-polacco che implicava la dissoluzione dell’URSS e a progettare invece un cordone sanitario più esteso e profondo del vecchio progetto Intermarum. La Confederazione dell’Europa Centrale, estesa non più dal Baltico al Caspio, ma dall’Artico al Mediterraneo, avrebbe dovuto includere i paesi scandinavi e baltici, Polonia, Cecoslovacchia, Ungheria, Yugoslavia, Romania, Bulgaria, Grecia e pure l’Italia di Mussolini, che aveva ottimi rapporti col maresciallo e gli intitolò poi un tetro e sinuoso viale nel quartiere Parioli di Roma. Anche questo progetto fu però silurato dalla Lituania e dalla Cecoslovacchia, che anzi, insieme alla Germania di Weimar, risposero appoggiando i terroristi ucraini dell’OUN. Quando, nel 1931, questi uccisero Tadeusz Hołowko, il guru del Prometeismo, Piłsudsky scatenò una durissima repressione, intensificata dopo la sua morte (1935). Almeno 5.000 terroristi e dissidenti ucraini transitarono per la famigerata prigione politica di Bereza Kartuska (creata nel 1934) e 324 vi persero la vita. Proprio la questione della minoranza ucraina spinse il maresciallo al patto di non aggressione con Stalin (1932), che comportò l’abbandono dei riferimenti ufficiali al Prometeismo e la cessazione delle attività clandestine in territorio sovietico. Il patto fu considerato un tradimento dagli emigrati, che tuttavia continuarono a godere dell’ospitalità e dei finanziamenti polacchi, pur se ridotti anche a causa della crisi del 1929.
Non vi sono prove della tesi che nel 1933, all’avvento di Hitler al potere, Piłsudsky avesse proposto alla Francia una guerra preventiva contro la Germania. Certamente non ricambiava l’ammirazione del neo cancelliere del Reich; rifiutò di riceverlo e respinse in seguito l’offerta di un’alleanza anticomunista. Tuttavia nel 1934 firmò con lui un patto di non aggressione, complementare a quello con Stalin. La bandiera dell’irredentismo antisovietico, lasciata cadere dalla Polonia e dalla Francia, fu impugnata con maggiore spregiudicatezza e opportunismo da Hitler. Gli ufficiali georgiani che servivano nell’Armata polacca si batterono eroicamente sia contro i sovietici che contro i nazisti. Quattro di loro, incluso un generale, furono fucilati dai russi nel massacro di Katyn. Altri accettarono di arruolarsi nella Legione georgiana della Wehrmacht. Nel 1939 i soldati tedeschi cantavano Ade Polenland (guai a te, Polonia!); l’inno dell’Operazione Barbarossa, Vom Finnland bis zum Schwarzen Meer (Dalla Finlandia al Mar Nero) poteva suonare una beffarda allusione al progetto pilsudskiano dell’ Intermarum. Migliaia di volontari scandinavi, baltici, balcanici e caucasici combatterono nelle Waffen SS (mettendo poi in qualche imbarazzo le commemorazioni ufficiali dell’era post-sovietica ed euro-atlantica) e il gruppo nazionale maggiormente rappresentato tra i guardiani dei campi di sterminio era quello ucraino. Nel 1942 Władislaw Sikorski (1881-1943), capo del governo polacco in esilio, avviò contatti con i governi cecoslovacco, greco e jugoslavo per una futura Unione dell’Europa Occidentale, ma incontrò l’opposizione dell’URSS, l’esitazione della Cecoslovacchia e l’ostile disinteresse degli Alleati.
Nella prima fase della guerra fredda Radio Europa Libera e il 5th Special Forces Group, entrambi basati in Germania e composti di esuli est-europei mantennero i contatti con la resistenza anticomunista in territorio sovietico. Questi programmi furono ridimensionati durante la distensione, mentre Brzezinski elaborò strategie destabilizzatici ben più raffinate e complesse, culminate nel Trattato di Helsinki (1977) e nella Trappola Afgana (rivendicata da Brzezinski nella famosa intervista del 1998 al Nouvel Observateur).
Il cordone sanitario proposto da Piłsudsky nel 1930 fu realizzato nel 1949-56 dagli Stati Uniti su scala mondiale e, in Europa, dall’Artico al Mediterraneo, affacciandosi pure sulle sponde meridionali del Mar Nero e del Caspio. Nel 1999, cinquantenario della NATO, il cordone ha incluso Polonia, Cechia e Ungheria e nel 2004 è stato completato da Estonia, Lettonia, Lituania, Slovacchia, Slovenia, Romania e Bulgaria. Per completare l’Intermarum mancano ancora Ucraina, Georgia e – perché no? – Bielorussia.
Nel settembre 2007 Brzezinski espresse il suo appoggio alla candidatura di Obama. L’elezione di un presidente democratico –scriveva Konnanders sei mesi fa – potrebbe segnare un più deciso sostegno degli Stati Uniti alla visione prometeica e russofobo dei rapporti con Mosca. «Le ali della storia – concludeva poeticamente l’analista svedese – ancora una volta librano su Prometeo incatenato le speranze di un’erculea liberazione dagli artigli dell’aquila bicipite russa. Le catene saranno spezzate, oppure il posto sarà semplicemente preso dall’aquila di mare americana? Libero o incatenato, Prometeo – l’illuminatore – è destinato a vivere eternamente all’ombra delle aquile?»
Saggio del prof. Virgilio Ilari pubblicato su: Risk N. S. N. 5 (Liberal, IX, N. 49, novembre-dicembre 2008), qui riprodotto per cortese autorizzazione dell’Autore.
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