CODICE PROMETEO. Ovvero il Prometeismo. Un excursus storico. 1.

CODICE PROMETEO. Ovvero il Prometeismo. Un excursus storico. 1.

In questi giorni l’Ucraina  sta vivendo un periodo difficile nel suo tentativo di affrancarsi dalla Russia di zar Putin. Una guerra civile è in atto al momento di scrivere queste righe (22.02.2014)  ma sembra che chi sta chiedendo democrazia e l’unione all’Europa stia vincendo. Solo così si potrà mettere fine ad una lotta che ha visto nei giorni scorsi decine di morti, soprattutto fra i giovani. Rileggendo un saggio di Virgilio Ilari ho pensato di proporlo ai lettori di OA perché, analizzando un lontano e un recente passato, fornisce alcune chiavi di lettura  per meglio comprendere cosa accade in questi giorni in un teatro strategico come quello   delle repubbliche ex-socvietiche, poco conosciuto dal pubblico. Di seguito, dunque, la prima parte dell’interessante saggio.

Il Direttore Scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

220px-Lech_Kaczyński,_Mikheil_Saakashvili_and_Valdas_Adamkus_in_Tblisi_2007Il 22 novembre 2007, a Tbilisi, i presidenti georgiano e polacco inaugurarono una statua di Prometeo, il Titano incatenato da Zeus alle rocce del Caucaso per aver osato donare agli uomini il sacro fuoco dell’Olimpo. Il monumento è disperatamente pacchiano, in stile sovietico-littorio; ma l’intento politico avrebbe dovuto sollecitare qualche attenzione da parte delle rappresentanze diplomatiche e dei commentatori internazionali degli Stati Uniti e della Vecchia Europa. Con quel gesto, infatti, Mikheil Saakashvili e Lech Kaczynski dimostravano di voler mutare radicalmente l’ideologia e perfino lo scopo dichiarato dell’espansione della NATO ad Est, dell’allargamento della CE e delle rivoluzioni arancione e rosa nei paesi ex-sovietici. L’enfasi non era più sull’esportazione della democrazia e dei valori occidentali, teorizzata e tenacemente perseguita dal polacco Zbignew Brzezinski, principale ispiratore della politica estera di Johnson e Carter ma ripresa pure da Bush Jr. nella provocatoria lezione sulla qualità della democrazia impartita a Mosca durante le celebrazioni del 60° anniversario della Pobieda (la vittoria russa nella Grande guerra patriottica contro la Germania nazista). L’inaugurazione congiunta del monumento a Prometeo liberato ricollocava, Infatti, l’auspicato ingresso delle repubbliche ex-sovietiche nella NATO nel contesto storico dell’Est Europa e all’antica esperienza del Prometeismo.Unknown-7

Da noi oggi, la storia di questa internazionale dell’irredentismo russofobo è nota solo a pochi specialisti, ma negli anni 20 e 30 del secolo scorso era nell’agenda delle cancellerie e dei servizi segreti della Vecchia Europa. Lo svedese Vilhelm Konnanders, uno dei pochi analisti occidentali che abbiano colto il retroscena “prometeico” della recente crisi russo-georgiana, ha ricordato in una nota del 5 giugno 2008 del suo weblog “Politics & Security in Russia” che il Prometeismo traeva nome e ispirazione da un poema (Epos Kavkaz, 1845) di Taras Shevchenko (1814-1861), il padre della letteratura ucraina, dedicato ad un amico ucciso dai ribelli ceceni mentre combatteva nel Caucaso al servizio dello zar. Gli strali del poeta non erano però indirizzati ai ceceni ma contro l’ingiusta oppressione zarista che conculcava la libertà dei popoli. Il mito di Prometeo percorre ampiamente la retorica dei movimenti rivoluzionari e nazionalisti dell’Est europeo avversi alla dominazione russa e ottomana, coevi a quelli, a noi più familiari, che scuotevano il giogo asburgico. La visione geopolitica implicita nel mito era però anteriore, e risaliva ad un autorevole saggio (Essai sur la diplomatie, 1827) del principe polacco Adam Jerzy Czartoryski (1760-1861), già diplomatico dello zar Paolo e ministro degli esteri di Alessandro I durante le guerre napoleoniche e poi uno dei principali leader dell’insurrezione polacca del 1830. L’idea di Czartoryski, del tutto analoga alla teoria di Brzezinski, era che l’espansionismo occidentale della Russia fosse controproducente per la sua stessa sicurezza, in quanto veniva percepito dalle Potenze occidentali come una minaccia permanente: mentre l’interesse vero della Russia era di coltivare “amici più che schiavi” e sfogarsi invece oltre gli Urali (Nel 2005, a proposito dell’inclusione dell’Ucraina nel sistema occidentale, Brzezinski auspicava un’Europa “da Cabo da Roca alla Kamchatka”, inclusiva di una Russia deputinizzata e governata dai nuovi quadri russi formati ad Harvard). Czartoryski sognava però anche di ripristinare l’antica confederazione polacco-lituana anteriore alla spartizione della Polonia, federata inoltre con le nazioni liberate dal giogo asburgico e ottomano (cechi, slovacchi, ungheresi, romeni e “slavi del Sud” della futura Yugoslavia). Il progetto sembrò realizzarsi con le rivoluzioni del 1848-49, ma naufragò non solo per il mancato appoggio anglo-francese, ma anche per le contraddizioni interne degli opposti nazionalismi (con l’emergere di quello tedesco e l’intransigenza magiara verso cechi, slovacchi e rumeni).images-4

A riprendere il progetto di Czartoryski e a trasformare il Prometeismo in una coerente dottrina geopolitica fu il maresciallo Józef Klemens Piłsudsky (1867-1935), il Cromwell polacco. Secondo una nota storica redatta nel 1940 a Parigi da Edmund Charaskiewicz, già dal 1927 al 1939 capo dei progetto Prometeismo dei servizi segreti polacchi, la dottrina e le linee d’azione di Piłsudsky erano già definiti nel 1904, quando ricevette dal Giappone armi e denaro per l’organizzazione terroristica del partito socialista, forte di 2000 membri e responsabile, nel solo 1906, di 336 omicidi di ufficiali e collaborazionisti.

Appoggiato dagli Imperi centrali durante la grande guerra, ma provvidenzialmente incarcerato nel 1917 per essersi rifiutato di combattere contro gli anglo-francesi, Piłsudsky divenne comandante in capo dell’esercito polacco l’11 novembre 1918, il giorno dell’armistizio sul fronte francese. «The war of giants is ended, the wars of pygmies begin», commentò Churchill, con lo stesso atteggiamento con cui abbiamo giudicato i conflitti europei scatenati dalla fine della guerra fredda. Nella prima fase dell’indipendenza polacca (1918-21) Piłsudsky impose la sua visione geopolitica; dal sostegno all’indipendenza finlandese e baltica, al progetto czartoryskiano di una Confederazione tra i Mari” (Międzymorze o Intermarum), all’alleanza antibolscevica con l’ex-nemico Petljura (capo della Repubblica Popolare ucraina), alle missioni militari in appoggio ai nazionalisti caucasici, al protettorato polacco chiesto dai tatari di Crimea alla Società delle Nazioni. Ancora una volta però la realtà contraddisse l’utopia. Lungi dall’aderire alla rediviva confederazione, la Lituania difese la propria integrità territoriale contro il neo-imperialismo polacco e conflitti armati con tutti gli altri stati limitrofi insanguinarono le arbitrarie frontiere della nuova Polonia. Poiché i Bianchi non riconoscevano l’indipendenza polacca, Piłsudsky respinse nel 1919 l’appello dell’Intesa per una crociata antibolscevica, dando così un aiuto indiretto ma forse determinante alla vittoria dei Rossi. Ma nel 1920, con un piano militare pazzesco, respinse in extremis l’offensiva di Tukhachevsky e nel 1921 l’alleanza franco-polacca di Parigi trasformò la Polonia nell’Antemurale dell’Europa capitalista. L’accordo di pace con l’URSS basato sulla spartizione dell’Ucraina (1921), però,  archiviò l’Intermarum. Convinto che l’indipendenza dell’Ucraina fosse il presupposto di quella polacca, il maresciallo protestò contro il “codardo” Trattato di Riga; ma approvò poi l’occupazione di Vilnius che sanciva la rottura con la Lituania. Sei milioni di ucraini raddoppiarono a quasi un terzo il peso delle minoranze nella composizione demografica della Polonia. Muovendo da una visione imperiale e socialista comune a Lenin, Piłsudsky voleva uno stato. multiculturale, basato sul patriottismo della costituzione e non sull’identità nazionale; tutelò le minoranze e fu riconosciuto dagli ebrei come un loro difensore. Gli stati limitrofi, invece, soffiarono sull’irredentismo ucraino e la reazione al multiculturalismo rafforzò la destra etnonazionalista e antisemita guidata dallo storico antagonista di Piłsudsky, Roman Dmowski, avverso al Prometeismo e propugnatore della polonizzazione forzata delle minoranze.

(continua)

Saggio del prof. Virgilio Ilari pubblicato su:  Risk N. S. N. 5 (Liberal, IX, N. 49, novembre-dicembre 2008), qui riprodotto per cortese autorizzazione dell’Autore.

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