L’eredità del ‘Cavaliere Rosso’: breve analisi del commercio illegale d’armi nella regione dell’Asia Centrale. 2

L’eredità del ‘Cavaliere Rosso’: breve analisi del commercio illegale d’armi nella regione dell’Asia Centrale. 2

(v. la prima parte di questo articolo L’eredità del ‘Cavaliere Rosso’: breve analisi del commercio illegale d’armi nella regione dell’Asia Centrale. 1  pubblicato il 26 gennaio 2013,

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E’ questa la seconda parte di una sintetica analisi sul commercio delle armi nella regione centro asiatica. Il commercio delle armi rimane un’attività molto remunerativa. L’instabilità poi della regione centro asiatica favorisce tale attività non dimenticando che nello stesso Afghanistan si fabbricano ‘cloni’ dei AK47 come altrove… a prezzi ridotti, incrementando ulteriormente il commercio. E’ con la stabilità e la pace che i mercanti d’armi sono senza ‘lavoro’….

Il Direttore Scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

Con la fine dell’invasione sovietica, l’afflusso di armi in Afghanistan non è terminato. La regione non ha conosciuto  la stabilità politica con i mujaheddin al potere; e con l’ascesa dei talebani che hanno lanciato il Paese in una guerra civile contro l’Alleanza del nord, il traffico d’armi si è intensificato. E’ solo grazie all’intervento degli Stati Uniti del 2001 in seguito all’attacco al World Trade Center, che l’Alleanza ha “ripreso il controllo” del territorio afghano. Durante la guerra civile numerosi Stati sono intervenuti nuovamente, a sostegno dell’una o dell’altra parte, intensificando il traffico clandestino di armi: nell’ottobre del 1998, alla stazione ferroviaria di Osh, in Kirghizistan, un treno carico di armi iraniane (fatte passare per aiuti umanitari) ha scaricato 700 tonnellate di armi e munizioni destinati a Ahmad Shah Masud noto anche come il Leone del Panjshir, l’ormai defunto leader dell’Alleanza del Nord. Sempre l’Iran ha utilizzato il territorio del Tagikistan per far giungere armi in Afghanistan: la capitale Dushambe e la città Ishkashim al confine Afghano sono stati i punti di smistamento delle armi iraniane dirette ai leader dell’Alleanza del Nord. La Russia invece ha fatto ricorso all’aeroporto tagiko di Kulob come punto di partenza, mentre la città al confine tra l’Uzbekistan e l’Afghanistan, Hairatan, è stata usata come punto di arrivo delle armi russe che partivano da Termiz, destinate al leader uzbeko dell’Alleanza del nord Rashid Dostum.

Il Tagikistan dal 1992 al 1997 è stato sconvolto da una sanguinosa guerra civile, diretta conseguenza di una fallimentare transazione dal governo Sovietico a quello repubblicano. La vecchia élite comunista, nel tentativo di mantenere il potere anche dopo il tracollo sovietico, si è scontrata con la netta opposizione di gruppi democratici, islamici e nazionalisti. Sostenuta da Russia e Uzbekistan tramite ingenti trasferimenti di armi e grazie allo spauracchio dell’islam, la vecchia nomenklatura ha condotto una vera e propria repressione armata dell’opposizione che vedeva nel movimento islamico dell’Uzbekistan l’elemento di maggiore destabilizzazione. La base militare di Termiz durante il conflitto è divenuta il centro dello smistamento di armi leggere dirette ai combattenti in Tagikistan. Schierati a difesa delle forze islamiche, i talebani hanno messo a disposizione della fazione islamica in Tagikistan un enorme disponibilità di armi provenienti da vari gruppi islamici del Medio Oriente.

All’interno dell’Asia Centrale le vie delle armi sono collocate in maniera omogenea lungo vettori che coinvolgono tutti e cinque gli Stati della regione. I punti di partenza, sono l’Afghanistan ed il Tagikistan. La prima via è quella turkmena: le armi arrivano dall’Afghanistan in Turkmenistan, nei villaggi di Takhta Bazar e di Kushka, nel sud del Paese. Dopo l’entrata nel territorio turkmeno, il carico viene inviato a Mary, città nel centro del Turkmenistan, arrivando in seguito al golfo di Turkmenbashi sul Mar Caspio. Russia, i Paesi del Caucaso e dell’Europa sono i principali destinatari del tragitto “turkmeno”. Il secondo percorso è quello kirghiso, o “Silk Road”: la merce parte dal Tagikistan, più dalla città di Ishkashim (nel sud del Paese),  giungendo ai confini con il Kirghizistan, nella città di Gorno-Badakshan, per poi oltrepassare il confine ed arrivare nella città di Osh. La terza traiettoria, la “Middle Route”, passa dal Tagikistan al Kirghizistan, attraversando i distretti di Leilek e Batken arrivando ad Osh e nella capitale Bishek, entrambi importanti centri per lo smistamento di armi verso la Russia, Cina, Ucraina ed i Paesi confinanti all’Asia Centrale. L’ultima direttrice, l’uzbeka, parte dalle città di Tursunzade e Shaartuz (Tagikistan), per entrare in Uzbekistan  dalla regione della Syr Darya. La via uzbeka utilizza sia la linea ferrata e quella aerea. Il treno Dushambe-Mosca, che parte dalla città tagika di Dushambe passa in Uzbekistan ed entra in Kazakistan attraverso la città uzbeka di Karakamar, proseguendo il viaggio fino a Mosca. Così come gli aerei che decollando  dagli aeroporti di Dushanbe e Khujand ed atterrano in Uzbekistan, una volta atterrati la merce raggiunge i punti di distribuzione interni ed esterni al territorio uzbeko. Per quanto riguarda gli hub ferroviari del traffico d’armi nella regione, la città di Biney, situata ai confini con il Turkmenistan e quella di Arys, sul confine uzbeko, costituiscono delle eccellenze. Infine, anche il Kazakistan costituisce un’importante scalo per il traffico delle armi che grazie alla linea ferroviaria giungono a Chimkent al confine con l’Uzbekistan ed Almaty che dista tre ore di auto da Bishkek in Kirghizistan.

La situazione economica dei cinque Paesi, precipitata dopo il crollo sovietico, è seriamente compromessa. In mancanza di lavoro, il mercato nero è divenuto molto conveniente. La corruzione rappresenta il fattore critico della regione, essa è imperante ed è presente in ogni ambito della vita istituzionale ed è entrato nel modus vivendi della popolazione come l’unico modo in cui si può accedere ai servizi più elementari. Questo elemento coadiuvato da un apparato burocratico scadente e da una magistratura debole e poco indipendente sono fattori critici. L’elevata interdipendenza regionale, se da un lato facilita il commercio nell’area centro asiatica, costituisce anche un terreno fertile nei quali i traffici illeciti prosperano in conseguenza dell’instabilità politica ed economica dell’area.  I bassi livelli di reddito pro capite sono indice del malessere della società, che assiste all’aumento del divario tra super ricchi e poveri.

La comunità internazionale si è mossa con forme di cooperazione, ma nonostante i tentativi, gli sforzi compiuti per  la stabilizzazione dei Paesi asiatici,  risulta ben lontano dall’esito sperato. L’ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine (UNODC) a partire  dal 1993 ha promosso un  programma per rafforzare il controllo ai confini sostenendo e addestrando le forze dell’ordine locali. L’UE nel 2002 ha fatto partire il Border Mangement Programm in Central Asia, programma che dovrebbe portare alla creazione di un’accademia delle guardie di frontiera, alla costruzione di posti di blocco ed ad altre misure tecniche in grado di arginare le deficienze delle autorità locali. Sono state istituite anche forme di cooperazione bilaterale. Gli Stati Uniti, grazie all’US Export Control and Related Border Security Assistance (EXBS) contribuiscono ad un programma che ha come fine l‘assistenza e l’addestramento delle guardie di frontiera kirghisa. Programma che potrebbe divenire materia di scambio per il governo USA coinvolto nella vicenda sul mancato rinnovo della concessione per l’utilizzo della base aerea di Manas, che costituisce per l’amministrazione Americana uno dei tasselli principali per la exit strategy afghana e che non può essere sacrificata.

In conclusione si può affermare che, nonostante i tentativi interni ed esterni volti a stabilizzare l’Asia Centrale per quanto riguarda il problema del traffico illecito di armi leggere e di piccolo calibro, la situazione è tuttora ben lontana da trovare una soluzione. Se negli ultimi tredici anni l’operazione NATO in Afghanistan ha comunque prodotto come suo effetto accessorio un maggiore controllo del traffico d’armi, l’uscita di scena delle forze della coalizione entro la fine del 2014 dal territorio afghano lascerà un vuoto che sarà facilmente colmato da quelle forze che l’occidente si è impegnato con tanto accanimento a contrastare. La situazione non è assolutamente da sottovalutare, il solo utilizzo delle forze speciali e degli assetti ad essi dedicati non saranno sufficienti a limitare l’escalation che sembra prepararsi nell’ombra, che coinvolgerà tutti i Paesi dell’Asia Centrale. Solo un forte lavoro di intelligence più propriamente di HUMINT (Human Intelligence) condotto sulle comunità locali di tutta la regione potrebbe limitare i pericoli legati al traffico d’armi ed ai proventi derivati dal narcotraffico. Per sconfiggere il “Cavaliere Rosso della Guerra” in Asia Centrale servirà un tipo di approccio culturale in grado di leggere la realtà stratificata di questo tessuto sociale, pieno di storia e odi tribali che solo con l’approccio umano possono essere compresi e contrastati efficacemente.

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