Come la Germania ha sabotato l’unione bancaria e il federalismo in Europa.

Come la Germania ha sabotato l’unione bancaria e il federalismo in Europa.

 

Stimolanti riflessioni sul ruolo della Germania di Angela Merkel, dopo la riunificazione delle ‘due’ Germanie. Nulla paragonarsi alla Germania post Weimar, cioè nazista. E’ certo però che la Germania sta attuando una politica quanto mai bizzarra verso un vero federalismo…ma una domanda si pone: la Germani di Angela Merkel vuole il federalismo?

Il Direttore Scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

In questi giorni, i ministri dell’Economia e delle finanze dei paesi membri dell’UE stanno discutendo di banche e meccanismi di risoluzione e salvataggio degli istituti finanziari in difficoltà. L’obiettivo è quello di formare una vera unione bancaria. Esso purtroppo appare irraggiungibile a causa del comportamento di Berlino. Le mosse del governo di Angela Merkel – al terzo mandato  del Cancellierato – rappresentano, a detta dello scrivente, una pietra tombale definitiva sul federalismo europeo. La trattativa dovrebbe concludersi con un accordo entro il 18 dicembre ma tale accordo sconta già le mosse della diplomazia tedesca.

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La storia dell’unione bancaria non rappresenta qualcosa di nuovo fra le strategie di policy europea seguite dalla Germania. L’idea è sempre la stessa: modificare una proposta genuinamente federalista, in nome del proprio interesse senza che se ne faccia troppo baccano. Raggiungere questo obiettivo è piuttosto semplice: è sufficiente bloccarsi su un punto (dopo tutto la Germania è sempre il Paese più importante d’Europa), stare fermi per mesi, ma alla fine fare delle concessioni sullo stesso punto reclamando però in contropartita delle compensazioni sostanziali che svuotano di ogni senso quelle concessioni fatte.

Alla fine, la diplomazia tedesca ottiene ciò che desiderava, e, per di più, tutti ne applaudono il senso di responsabilità e lo spirito europeo. In un periodo storico in cui la primazia della forma sul contenuto è definitivamente compiuta, questa strategia non ha pari.

La Germania l’ha applicata a partire dal 2011 quando era contraria alla supervisione unica sotto l’egida della BCE. Alla fine essa ha ceduto ma spuntando le seguenti clausole:

1)    Il rapporto sulla realizzazione dell’unione bancaria sarebbe stato posticipato dopo le elezioni nazionali del settembre 2013. Essa non poteva quindi più essere un’arma contro il contagio finanziario, mentre veniva impedito l’utilizzo rapido dei fondi MES per salvare le banche, cosa che rappresenta l’essenza dell’unione bancaria;

2)    Le banche interessate dalla supervisione unica devono avere un bilancio superiore ai 30 miliardi di euro. Tale clausola esclude dunque tutte le casse di mutuo risparmio tedesche che pesano tanto quanto la Deutsche Bank. Ma v’è di più: la BCE affida ai regolatori nazionali la gestione delle banche cosiddette non sistemiche. In breve, la parte centrale del settore bancario tedesco resta monitorata “a casa”;

3)    Il meccanismo di risoluzione doveva essere discusso solo in un secondo momento. Ma tale meccanismo era centrale per l’unione bancaria. Si è arrivati ad una (cattiva) conclusione solo dopo più di due anni.

Insomma l’Europa ha pagato a caro prezzo il sì tedesco alla supervisione unica. In questi giorni una cosa analoga sta avvenendo per il meccanismo di cui al punto 3). Da mesi Berlino non vuol sentir parlare di un centro di decisione unica di risoluzione delle crisi bancarie. Vero è che il ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schäuble ha accettato di fare dei passi in avanti, ma questo è avvenuto alle sue condizioni. Così, ha imposto la partecipazione prioritaria al salvataggio degli istituti da parte dei creditori delle banche (il cosiddetto bail-in), e probabilmente anche da parte dei grandi clienti (quelli con depositi superiori ai 100 mila euro) a partire dal 2016. Lo scopo di questa manovra è quello di mettere al sicuro il denaro pubblico tedesco che ha appena garantito una quota consistente del MES (Meccanismo Europeo di Stabilità). È chiaro che prima dell’avvio di questo meccanismo, gli Stati non hanno altra scelta se non quella di rivolgersi al MES stesso.

L’idea tedesca è quindi quella di salvare i contribuenti tedeschi e di far pagare i creditori privati. Una crociata morale? Non bisogna cadere in errore. Dietro questo argomento morale vi è una diversa realtà, più sibillina. I depositanti dei paesi deboli saranno sempre più diffidenti e ci penseranno due volte prima di prestare i loro soldi (ovvero aprire dei conti) ad una banca di un paese periferico. Essi preferiranno piazzarli in una banca tedesca, paese percepito come molto più sicuro che non mai lesinato denaro pubblico quando si è trattato di salvare le banche. In altre parole, la Germania prende due piccioni con un fava: da un lato salva il suo bilancio mentre dall’altro cura i bilanci delle sue banche. Tanto peggio per i paesi periferici che dovranno soffrire.

Secondo punto imposto da Berlino: un trattato intergovernativo, al di fuori del quadro comunitario per gestire il fondo di risoluzione bancaria (che sarà dotato di 55 miliardi di euro). I federalisti europei apprezzeranno. Ed apprezzeranno anche la “mutualizzazione progressiva” che prevede che il denaro che dovrà essere utilizzato per primo per ricapitalizzare le banche in difficoltà di un paese colpito da una crisi bancaria sarà quello fornito dalle banche di quel paese. Insomma, la prima logica dell’unione bancaria è una logica nazionale. La mutualizzazione verrà solo fra 12 o 13 anni (nel 2025 o 2026!!!) e sarà del resto anche fortemente limitata dalla possibilità di veto da parte della Germania e dei suoi satelliti (Paesi Bassi, Belgio , Austria, Finlandia, Slovacchia, Lussemburgo).

Inoltre i 55 miliardi di euro di cui sopra sono assolutamente insufficienti per far fronte ad una crisi di grande ampiezza. L’aiuto all’Irlanda ha raggiunto i 79 miliardi di euro, quello alla Spagna (o meglio alle sue banche) i 39 miliardi. La Germania ha speso nel 2009 più di 50 miliardi di euro per salvare la sola Hypo Real Estate.

Questi soldi sono un’inezia per contentare coloro che vedono la mutualizzazione dove non c’è. Berlino non vuole assolutamente nulla dietro questo piccolo fondo e soprattutto non vuole il MES. Risultato: gli stati dovranno fare con i loro soldi. La logica tedesca è chiara: “siamo ossessionati dall’azzardo morale che permetterebbe alle cicale del Sud-Europa di far di tutto affinché Herr Schmidt alla fine paghi per loro”.

L’idea di per sé non è sbagliata. Perché i tedeschi dovrebbero pagare per gli italiani o gli spagnoli? L’unione economica secondo i tedeschi (e gli olandesi, gli scandinavi…) deve essere competitiva e non solidale. Tuttavia le banche tedesche sono lungi dall’essere irreprensibili. Prova ne siano, durante tutti questi anni, gli investimenti che le Landesbanken hanno fatto in tutto il peggio della finanza mondiale e soprattutto nelle operazioni di cartolarizzazione. Su questo Berlino stende un velo pudico, ma comunque riesce ad ottenere un meccanismo di risoluzione comune limitato al massimo a 250 banche europee. Stavolta infatti, tutte le casse di mutuo risparmio tedesche ne sono escluse ed è quello l’importante per Angela Merkel. I piccoli interessi di queste banche regionali, che sono sovente sostenute dal denaro pubblico dei comuni, resteranno nascosti in Germania.

La fase transitoria quindi durerà fra il 2016 e il 2026 con un progetto di realizzazione di rete di fondi nazionali. In realtà,questo significa conservazione della situazione ex ante, alla quale si aggiunge solamente la priorità data alla partecipazione dei creditori privati già evocata. La Germania propone a suo vantaggio l’utilizzo di un particolare fondo, la SoFFin, creato nel 2009, che però non ha degli equivalenti nella maggior parte degli altri paesi dell’eurozona. Come può esser creato in 2 anni? Alla Germania questo non interessa, e, d’altra parte, non vuol sentire parlare di MES. A nostro avviso, questa è una concezione molto particolare d’Europa.

Con le sue pretese, la Germania ha in realtà minato le basi di una buona idea qual era all’inizio l’unione bancaria. Il MES avrebbe anche potuto essere escluso (Berlino – con ragione – vede il suo coinvolgimento un primo passo verso l’unione fiscale che avversa). Purtroppo, sia la grande coalizione CDU-SPD, sia il governo precedente, hanno una visione germano-centrica del continente che ha fatto già fallire l’idea di federalismo.

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