Libano. Le conseguenze economiche dei recenti attacchi israeliani nel Paese dei cedri.


Libano. Le conseguenze economiche dei recenti attacchi israeliani nel Paese dei cedri.

I recenti e pesanti attacchi israeliani in Libano contro gli obiettivi di Hezbollah e la parziale invasione territoriale, hanno ulteriormente acuito gli effetti di una già persistente e grave crisi economica e finanziaria che da anni attanagliano il Paese dei Cedri. 

Dal 2019 ad oggi il Libano ha vissuto un quinquennio nefasto che, di fatto, ha spazzato via la Svizzera del Medioriente. In realtà, la genesi della crisi economica è iniziata ancor prima, a partire dal 2011, dopo lo scoppio della guerra in Siria.

Un’economia che si è sempre basata essenzialmente su tre pilastri: un sistema bancario competitivo, un florido mercato immobiliare ed una domanda sostenuta sia dal mercato interno, sia da acquirenti stranieri, in particolare dagli esponenti della diaspora.

Le rimesse dei libanesi all’estero hanno contribuito da sempre ad incrementare i depositi bancari, una diaspora che conta quasi 10 milioni di persone sparse nel mondo, che però a partire dal 2018 ad oggi ha registrato una costante e significativa contrazione a causa degli effetti dei numerosi focolai di guerra che hanno incendiato il Medioriente, nonché dal calo di fiducia degli espatriati per i numerosi rischi economici e politici.

Nel 2023 l’ammontare complessivo delle rimesse è stato superiore ai 5 miliardi di dollari, pari a circa il 30% del Prodotto Interno Lordo. 

Prima degli attacchi di Israele, il Paese era concentrato nel tentativo di risolvere molti problemi urgenti, ora fuori controllo. Una corruzione diffusa ed incancrenita, una disoccupazione giovanile devastante ed una diffusa povertà, senza contare la necessità di riformare il sistema bancario ed i settori turistico ed edilizio.

Senza dimenticare la situazione demografica possibile bomba ad orologeria, che non è stata disinnescata, con il rischio che possa saltare il confessionalismo, il sistema di convivenza tra le diciotto comunità religiose presenti in Libano e riconosciute dalla Costituzione.

È altresì naufragato il progetto per il Paese di riproporsi quale hub finanziario e polo di servizi di riferimento della regione mediorentale, nonché hub per la ricostruzione in Siria.

Come se non bastasse, sussiste anche il problema dei profughi, con la presenza di circa un milione di rifugiati siriani, più di duecento mila palestinesi e qualche migliaio di iracheni.

Quest’ultima devastazione derivata dagli attacchi israeliani che ha causato numerosi morti, feriti e sfollati, renderà impossibile, nel breve e medio periodo, ad un ritorno della situazione ante, ad un già cupo e critico status quo economico.

Il fardello per i libanesi è pesante, destinati ad affrontare una situazione ancor più complicata di quella del 2006 per la guerra sempre tra Israele ed Hezbollah; con due sostanziali differenze: i danni causati dal conflitto furono circoscritti ad alcune aree geografiche in poco più di un mese di combattimenti.

Questa volta la distruzione è stata su vasta scala, trasversale in quasi tutto il Paese, in particolare nella parte sud, tanto che i dubbi sulla possibilità per potersi riprendere sono stati espressi da molti osservatori internazionali.

Più di quaranta villaggi sono stati distrutti, migliaia di unità abitative rase al suolo o compromesse, le città confinarie con Israele ridotte ad un cumulo di macerie, ospedali, scuole ed istituzioni pubbliche gravemente danneggiate.

Circa un quarto della popolazione è stata sfollata, ciò significa che più di 1,5 milioni di abitanti hanno dovuto abbandonare le proprie case e fuggire verso delle aree ritenute maggiormente sicure.

Secondo recenti stime del Fondo Monetario Internazionale, l’attacco israeliano è costato complessivamente al Libano circa 9 miliardi di dollari (3,5 miliardi di danni mentre il resto in perdite economiche).

Di conseguenza, il PIL del Libano per questo nefasto 2024 si è contratto di quasi 7 punti percentuali; ciò significa un ridimensionamento dell’economia di circa un terzo nell’ultimo quinquennio.

La disoccupazione è un altro grande problema che, in quest’ultimi mesi, ha registrato una significativa impennata, con circa 200 mila persone che hanno perso il proprio lavoro. Pertanto, molte famiglie sono totalmente dipendenti dalle rimesse e a forte rischio povertà.

In forte sofferenza tutto il settore agricolo, con più di 11 mila ettari di terreno andato distrutto, comprese le infrastrutture ed i sistemi d’irrigazione. Il danno economico del settore è di circa 1,5 miliardi di dollari.

Gli scambi commerciali sono crollati, in particolare quelli via terra, con un calo del volume complessivo di circa il 20%.

All’orizzonte si staglia ora la questione della ricostruzione, che richiederà degli sforzi enormi e notevoli costi, compreso lo smaltimento dei detriti, il rischio contaminazione ambientale e le implicazioni sanitarie.

Il quadro è desolatamente complicato, con un Paese destinato a rimanere vulnerabile se non ci sarà un deciso e rapido intervento della Comunità Internazionale, sia politico sia in termini di aiuti finanziari.

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