L’Iran cerca indubbiamente un posto di supremazia nel mondo islamico, rispetto al blocco sunnita. La morte del Presidente Raisi però ha messo in rilievo gravi problemi che si dibattono inn un Iran a più di una quarantennio da una rivoluzione che avrebbe dovuto risolvere alcuni dei problemi per i quali lo Shah fu deposto…ma la situazione interna è decisamente peggiorata meno si vede la soluzione ad alcuno dei problemi evidenziati nell’interessante analisi di Paolo Brusadin.
Il Direttore Scientifico: Maria Gabriella Pasqualini
L’Iran dopo le elezioni presidenziali. Quale situazione ci si può attendere dal nuovo Presidente Masoud Pezeshkian?
Il 5 luglio scorso gli iraniani si sono recati alle urne per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica, dopo l’improvvisa morte di Ebrahim Raisi a seguito di un incidente con l’elicottero avvenuto nella provincia iraniana dell’Azerbaijan orientale, a circa settanta chilometri dalla città di Tabriz.
La repentina chiamata alle urne per sostituire un Presidente in carica non è un unicum nella storia della Repubblica Islamica; infatti, già all’inizio degli anni Ottanta, l’allora Presidente Mohammed Ali Rajai rimase ucciso in un attentato terroristico avvenuto a Teheran.
Questa volta, rispetto a quarant’anni orsono, la Repubblica Islamica s’è dimostrata abile nella gestione della crisi, senza mostrare alcun tentennamento e rispettando i dettami della carta costituzionale che prevede l’indizione di nuove elezioni presidenziali entro cinquanta giorni dal momento in cui si crea una vacatio.
Nei tempi previsti il Consiglio dei Guardiani ha approvato la lista dei sei candidati eleggibili, cinque tecnocrati ed uno considerato più riformista, comunque fedele alla Guida suprema l’Ayatollah Seyyed Ali Hoseyni Khamenei.
Il popolo iraniano ha potuto scegliere tra Mohammed Baqer Ghalibaf (Presidente del Parlamento ed ex Sindaco di Teheran), Mostafa Pour-Mohammadi (ex Ministro degli Interni dal 2005 al 2008 e Ministro della Giustizia dal 2013 al 2017), Saeed Jalili (ex Capo negoziatore sul nucleare e molto vicino all’ex Presidente Mahmoud Ahmadinejad), Amir-Hossein Ghazizadeh-Hashemi (Vice Presidente del defunto Raisi ed ex parlamentare), Alireza Zakani (ex parlamentare ed attuale Sindaco di Teheran), Masoud Pezeshkian (ex Ministro della Sanità ai tempi del Presidente riformista Mohammad Khatami).
In campagna elettorale Pour-Mohammadi, Zakani, Ghazizadeh-Hashemi e Jalili si sono presentati quali continuatori della politica di Raisi. Tutti e quattro i candidati espressione della nomenclatura, seppur con diverse gradazioni, hanno assicurato il proseguimento delle politiche della precedente amministrazione, soprattutto in ambito economico.
Ghalibaf, un insider di lungo corso, sopravvissuto a molti scandali e considerato vicino alle Guardie Rivoluzionarie, s’è invece presentato come il nuovo tecnocrate in grado di cambiare le sorti del Paese.
Pezeshkian, di etnia azera, ha puntato soprattutto sull’elettorato delle province nord-occidentali a maggioranza azera ed ha goduto del forte endorsement dell’ex Ministro degli Esteri Mohammad Javad Zarif, fautore ed artefice dell’accordo sul nucleare del 2015. Nel corso della campagna elettorale s’è ritagliato un profilo di riformista, ottenendo il sostegno anche degli ex Presidenti Hassan Rouhani e Mohammad Khatami.
Il primo turno delle elezioni, caratterizzato da un alto tasso astensionistico a causa del malcontento della popolazione, in particolare di quella giovanile, sfiduciata sulla possibilità di un reale cambiamento, ha avuto un esito inatteso.
Il candidato riformista Pezeshkian ha ottenuto otto milioni e trecento mila preferenze, seguito da Jalili con poco più di sette milioni di voti, da Ghalibaf con due milioni e settecento mila voti, mentre in quarta posizione, staccatissimo con solo cento sessantamila preferenze, s’è posizionato Pour-Mohammadi.
Nel secondo turno, come ampiamente previsto, la maggior parte dei conservatori senza più chance di vittoria ha espresso il loro sostegno per Jalili, in particolare Ghalibaf con la sua preziosissima dote di voti.
Tuttavia, alcuni fedelissimi di Ghalibaf hanno manifestato la loro preferenza per Pezeshkian, rompendo così un blocco di voti considerato granitico e creando delle crepe che si sono successivamente tramutate in vere e proprie falle.
Nel secondo turno il manifesto elettorale di Jalili è stato l’autosufficienza economica del Paese, per contro Pezeshkian ha promesso ogni sforzo per rimuovere le sanzioni occidentali, per riprendere un dialogo internazionale e migliorare la difficile situazione economica.
Il giorno del ballottaggio un flusso crescente di iraniani s’è recato ai seggi tanto che è stato necessario, in alcune province, estendere l’orario di chiusura. Alla fine la partecipazione è stata di circa il 50%, con la vittoria inaspettata di Pezeshkian.
Cosa ci si può attendere dal nuovo Presidente? Certamente dei cambiamenti o quantomeno degli aggiustamenti abbastanza rapidiin politica interna ed economica, considerato il fallimento della politica dell’autosufficienza promossa da Ebrahim Raisi.
Più lenti e complicati in politica estera, visti i discreti successi ottenuti dal defunto Presidente, in particolare il miglioramento delle relazioni con i Paesi vicini, tra cui l’Arabia Saudita nel 2023, l’adesione ai BRICS Plus e alla Cooperazione di Shanghai, entrambi organizzazioni a trazione cinese.
Per la verità, il nuovo Presidente ha già annunciato di voler nominare Mohammad Javad Zarif suo Ministro degli Esteri, favorevole a riprendere i negoziati sul nucleare e percorrere la strada verso un allentamento delle sanzioni internazionali. Inoltre, Pezeshkian, oltre ad est, guarderà sicuramente verso l’ovest del mondo.
È urgente però concentrarsi sui problemi economici perché la situazione per una buona parte della popolazione è particolarmente frustrante e complicata, con un’inflazione fuori controllo e la svalutazione del riyal che ha eroso il potere d’acquisto.
Si evidenzia l’emergere del mercato nero e del contrabbando di vari prodotti, soprattutto quelli sottoposti a restrizioni all’importazione. A beneficiare di tale situazione sono tutti quei gruppi connessi al regime e all’apparato economico legato alle Guardie Rivoluzionarie.
La vita dunque è diventata via via sempre più dura, non solo per la fascia più povera della società ma anche per il ceto medio. A soffrire non sono solo i giovani, i poveri e i disoccupati ma anche coloro che un impiego fisso in realtà l’hanno ma il cui stipendio è eroso dallo scarso potere d’acquisto, come i dipendenti pubblici e gli insegnanti, senza contare gli abitanti delle regioni più sottosviluppate come il Kurdistan, il Baluchistan e il Khorassan.
Altresì impellente è trovare una soluzione al problema dell’obbligo dell’hijab per le donne in pubblico, o quanto meno allentare l’attuale normativa stringente ed oppressiva gestita dalla Polizia morale. Così come dovrà essere rimodulato in senso meno restrittivo il divieto d’accesso ad internet ed alle piattaforme social.
Le aspettative sul nuovo Presidente sono abbastanza alte e ci attendiamo dei risultati, certamente non eclatanti ma significativi.
Un mandato presidenziale riformista che potrebbe diventare importante per la vita del popolo iraniano ed addirittura storico per l’Iran, se si mette in conto la possibile necessità di sostituire nei prossimi anni a venire l’Ayatollah Seyyed Ali Hoseyni Khamenei, in considerazione della sua età avanzata e di una salute alquanto precaria.
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