Syed Hassan Nasrallah e il suo discorso.

Dopo quello del turco Erdogan, ritengo questo il discorso più significativo dopo gli avvenimenti del 7 ottobre sul territorio israeliano. Le sue dichiarazioni, in qualità di capo di Hezbollah, erano attese.

Come interpretare quanto ha detto? Non è semplice.

Vari i punti forti del suo discorso che è iniziato doverosamente con il ricordo e le lodi per i ‘martiri’ di Hezbollah caduti nei recenti scontri.  Non sono mancate le lodi agli Houthi yemeniti, coinvolti anch’essi in questa guerra con gli attacchi portati a Israele. 

Come ha considerato l’attacco di Hamas del 7 ottobre? Come un grande evento per scuotere questo regime oppressivo, occupante e usurpatore sionista e coloro che li supportano, a Washington e a Londra ma, più importante, ha sottolineato che quella operazione ‘punitiva’ era stata al 100% decisa ed eseguita dai palestinesi.

Nel suo discorso ha poi affermato che questa operazione non aveva alcuna influenza su qualsiasi decisione che qualsiasi altra fazione all’interno dell’asse della resistenza palestinese dovesse intraprendere, riferendosi quindi alla coalizione delle forze anti- Israele della regione, aventi come leader l’Iran. E questa è già un’affermazione interessante perché l’Iran è sciita e il resto del mondo arabo è al 90% sunnita.

Più volte ha voluto sottolineare che la segretezza che ha circondato l’intera operazione del 7 ottobre dimostrava come l’attacco riguardasse solamente la causa palestinese e non fosse in relazione con nessun altro problema internazionale o regionale. Ha continuato affermando che fin dalla sua rivoluzione, l’Iran ha sempre apertamente aiutato e supportato le fazioni di resistenza in Libano, Palestina e nella regione mediorientale. Comunque, egli sostiene, l’Iran non esercita nessuna forma di autorità o controllo su queste fazioni o sulla loro leadership e quanto accaduto il 7 ottobre proverebbe questa situazione. 

Ancora più interessante.  Ha dato chiaramente la colpa delle continue violenze perpetrate in Gaza agli Stati Uniti: nel suo discorso ha accusato Washington di rimanere in silenzio e di non condannare la tragedia quotidiana sotto i missili israeliani, soprattutto sottolineando che l’atteggiamento degli Stati Uniti ha messo in rilievo ‘l’ipocrisia’ dell’Occidente sulle questioni riguardanti la democrazia e le leggi.

Sue parole: noi stiamo vivendo in una giungla. Dobbiamo accettare questo fatto. Gli Stati Uniti sono totalmente responsabili per la guerra che è in corso a Gaza contro un popolo non armato e senza difesa…

Ha anche affermato che Hezbollah era entrato in guerra il giorno dopo l’attacco di Hamas in quanto la resistenza islamica in Libano era iniziata quello stesso giorno. 

Storicamente quello che sta succedendo al confine israelo-libanese è importante e quel confine è stato sempre molto difficile fin dal 14 maggio 1948, quando è nato lo Stato di Israele.

Nasrallah ha chiesto poi a tutte le nazioni ‘arabe’ di aiutare Gaza, tagliando ogni fornitura di gas e petrolio a Israele: la stessa richiesta fatta dall’Iran il giorno prima.

Il 4 novembre, il giorno dopo questo discorso, il presidente dell’Iran, Ibrahim Raisi, ha dichiarato che la causa dei Palestinesi è ‘una necessità’ e l’uccisione di donne e bambini è responsabilità degli Stati Uniti e di alcuni Stati europei. In realtà, dichiara il presidente dell’Iran, si deve accettare questa lotta contro i palestinesi perché costoro stanno difendendo il loro territorio e la loro stessa esistenza. Raisi è convinto che la resistenza dei palestinesi vincerà perché è forte in loro il desiderio di riscatto della loro terra e di porre una fine a una situazione che si trascina da circa 80 anni.

La posizione dell’Iran è chiara sui diritti dei palestinesi i quali sono liberi di prendere le loro decisioni e l’Iran appoggerà sempre quelle decisioni che saranno solo loro, così come le azioni che decideranno di portare avanti. La questione della Palestina, per il mondo ‘arabo’, è una questione dell’Islam: e la prima questione dell’Islam consiste nel liberare Gerusalemme e la moschea di Al-Aqsa.

Per Raisi, tutti gli Stati arabi devono cooperare per risolvere la questione palestinese: la sua soluzione è una necessità. La resistenza dei palestinesi è legittima ed è un loro diritto, per cui l’Iran darà sempre il supporto a questa resistenza, invitando gli Stati musulmani a comportarsi allo stesso modo, non solo con un appoggio finanziario ma con una politica internazionale ben mirata.

Per questo ultimo aspetto, tra l’altro, ricordiamo che l’Iran presiede dallo scorso 2 novembre il Forum ONU per i diritti umani e avrà buon gioco a insistere sui diritti umani e sulla tragedia umanitaria che si sta consumando nella Striscia di Gaza, dimenticando che Teheran ha una sua particolare visione del rispetto di quei diritti.

I due discorsi sono indubbiamente in accordo ideologico. Tutto quello che Hamas ha fatto è stata una decisione operativa dei suoi leader e si inquadra nella giusta resistenza dei palestinesi agli invasori coloni israeliani.

I due discorsi soprattutto quello del capo di Hezbollah sono minacciosi nei confronti degli Stati Uniti, ai quali addossano le colpe peggiori della tragedia umanitaria attuale, e di alcuni Stati europei: accusa l’Occidente di riempirsi la bocca di parole quali ‘democrazia e diritti umani ‘ma poi non li applica nei confronti del mondo islamico nella sua totalità.

Sembrerebbe evidente che gli sciiti non vogliono passare a una escalation del conflitto, nella speranza di ottenere risultati migliori proprio nell’ambito politico internazionale, segnatamente in quello delle Nazioni Unite dove sono in linea di massima, almeno ora, una coesa rappresentanza statale. Probabilmente ritengono anche che Israele avrà e ha problemi economici piuttosto notevoli con questa guerra e che gli Stati Uniti riuscirono solo fino a un certo punto a aiutare Tel Aviv sotto questo aspetto, considerato che Washington è impegnata anche in un altro conflitto, militarmente e finanziariamente.

Ritengono, almeno al momento così sembra, che una vittoria in campo politico internazionale produrrebbe maggiori frutti successivi che un duro conflitto coinvolgente anche il territorio libanese e probabilmente anche quello siriano. L’Egitto, il più laico degli stati arabi di fede musulmana, al momento tace ma sta cercando di non ricevere troppi palestinesi sul suo territorio, i quali si potrebbero alleare con gli ancora forti Fratelli Musulmani presenti sul territorio di Al Sisi. 

I due discorsi sopra riportati sono indubbiamente difficili da comprendere fino in fondo anche se sembra chiara la volontà almeno per ora di non allargare il conflitto e cercare di fermare la tragedia umanitaria di una Gaza per la maggior parte rasa al suolo.

Con un pizzico di cinismo, penso che a loro importi la cancellazione dello Stato di Israele, il primato musulmano su tutta la regione per poi tornare magari fra un decennio alla loro tra sunniti e sciiti. E pazienza se questo avviene sulla pelle dei civili palestinesi. 

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