Israele: quadro politico del Governo Netanyahu, il più estremista della storia del Paese.

Chi è Benjamin Netanyahu…esauriente quadro politico del suo governo per la penna di Paolo Brusadin

Israele: quadro politico del Governo Netanyahu, il più estremista della storia del Paese.
In continuum con il precedente articolo incentrato sulla figura del redivivo Benjamin (Bibi) Netanyahu www.osservatorioanalitico.com/?p=10522, cerchiamo di analizzare la natura del suo nuovo Governo, il sesto e certamente il più estremista della storia d’Israele.
Lo scorso 29 dicembre 2022 Netanyahu ha ottenuto la fiducia della Knesset, il Parlamento monocamerale composto da 120 membri eletti ogni quadriennio con un sistema proporzionale, ricevendo l’incarico di Primo Ministro di un governo di coalizione.
Dall’incarico di formare il Governo da parte del Presidente israeliano Isaac Herzog fino all’ottenimento della fiducia, sono trascorsi quasi due mesi costellati da difficoltà, ultimatum e compromessi.
Alla fine è nato un Governo composto da 30 ministri e 10 viceministri che unisce la destra religiosa laica con quella più estremista, avendo al suo interno due partiti religiosi, lo Shas e lo United Torah Judaism, più tre partiti della destra estrema, il Partito Sionista Religioso, Otzma Yehudit e Noam.
Lo Shas è stato fondato nel 1984 ed è l’espressione degli ultraortodossi sefarditi e mizrahi, mentre lo United Torah Judaism è un’alleanza politica e religiosa conservatrice ma non sionista.
Il Partito Sionista Religioso, conosciuto anche come Tkuma, è stato fondato nel 1988 e si contraddistingue per una ideologizzazione estrema, per un forte conservatorismo ed ultranazionalismo.
Otzma, formatosi dieci anni orsono nel 2012, è considerato il successore ideologico del Partito Kach, sciolto dal Governo israeliano nel 1984 e si caratterizza anch’esso per uno spiccato ultranazionalismo ed un forte antiarabismo.
Stessa ideologia del Partito Noam, dell’ultra conservatore Avi Moaz, a cui si aggiunge, oltre all’ultranazionalismo e all’antiarabismo, anche delle posizioni omofobe.
Facendo qualche conto risulta che il Likud, il partito nazionalista liberale di Netanyahu, fondato nel 1973 da Menachem Begin, ha 32 seggi alla Knesset, 5 ministri e 2 viceministri nel Governo. Il partito Shas possiede 11 seggi alla Knesset, 5 ministri e 2 viceministri, mentre lo United Torah Judaism ha 7 seggi in Parlamento, 1 ministro e 2 viceministri.
Il Partito Sionista Religioso ha una rappresentanza di 7 seggi più 3 ministri ed 1 viceministro. Infine, Otzma Yehud ha 6 seggi nella Knesset, 3 ministri e 2 viceministri, mentre Noam ha un seggio in Parlamento ed la presenza di un viceministro.
Certo che, per consentire ad alcuni esponenti d’entrare nella compagine governativa, si sono registrate varie forzature e la Knesset è intervenuta con tre provvedimenti ad hoc.
Il primo lo possiamo nominare provvedimento Deri, dal nome del leader dello Shas Aryeh Deri, condannato nel 2022 per aver commesso un crimine. Con tale provvedimento è consentito ad un cittadino condannato per un reato in cui non è prevista la prigione, di ricoprire un incarico ministeriale.
Un secondo provvedimento che lo identifichiamo come Smotrich, dal nome del leader dello sionismo religioso Betzalel Smotrich, per la sua nomina a Ministro indipendente della Difesa con poteri speciali. Tra i poteri, il più importante è l’assunzione della responsabilità dell’Amministrazione Civile e Coordinatore delle attività di Governo nei territori occupati. In altre parole, è il responsabile di tutto ciò che succede nella Zona C, in ottemperanza degli accordi di Oslo conclusi il 20 agosto 1993, praticamente circa i due terzi della Cisgiordania, con più di 400 mila coloni e 300 mila palestinesi.
Infine, il provvedimento Ben Gvir, dal nome del leader di Otzma Yehud che conferisce i poteri d’intervento al Ministro della Sicurezza Nazionale nelle indagini della polizia.
Dunque, è certificato lo spostamento sempre più a destra del Governo e, di conseguenza, della società israeliana, non solo per quanto riguarda la questione palestinese ma anche per l’esistenza degli ebrei israeliani. Netanyahu s’è già espresso rivendicando il diritto esclusivo degli ebrei di vivere nella terra d’Israele, manifestando l’intenzione di espandere gli insediamenti in Cisgiordania, nella stessa Gerusalemme, in Galilea, nel Negev, nel Golan, nella Giudea e Samaria.
Sembrerebbe esserci, inoltre, la volontà d’implementare la normalizzazione delle relazioni con i Paesi arabi e di potenziare il bacino degli accordi di Abramo del 2020 mantenendo, per contro, una postura rigida nei riguardi dell’Iran.
Per consolidare l’agenda politica di destra molto probabilmente Netanyahu cercherà di modificare il vigente sistema giuridico-amministrativo israeliano, anche forse per cercare delle migliori forme di tutela a protezione dalle beghe giudiziarie che lo vedono coinvolto in processi per corruzione, frode ed abuso di potere.
Lo si può intuire dall’assegnazione del Ministero della Giustizia a Yarin Levin, conosciuto per le sue posizioni riformiste dell’attuale sistema giuridico-legale.
Yarin Levin, membro del Likud, in precedenza è stato Presidente delle Knesset ed ha anche ricoperto gli incarichi di Ministro della Sicurezza interna, del Turismo, dell’Aliyah (immigrazione ebraica nella terra d’Israele, così chiamato per la salita che si doveva compiere per raggiungere Gerusalemme durante i tre pellegrinaggi prescritti per le festività di Pesach, Shavut e Sukkot) e dell’Integrazione.
Aleggiano molte proposte formulate dai vari esponenti governativi miranti a riformare in qualche modo il sistema giudiziario, tra cui quella di ostacolare la capacità della Corte Suprema di rifiutare le leggi emanate dalla Knesset.
Per far ciò è previsto che tutte le decisioni della Corte siano assunte a maggioranza qualificata e non, come avviene oggi, a maggioranza semplice.
Altresì c’è anche l’intenzione d’indebolire lo status del procuratore generale e riformare il metodo di nomina dei giudici, attualmente strutturato mantenendo un equilibrio tra gli organi legislativo, esecutivo e giudiziario.
Ancora si discute sull’abbassamento dell’età pensionabile dei giudici della Corte Suprema da 70 a 67 anni, sulla possibilità di nominare giudici appartenenti alla destra laica e religiosa, sul criterio vigente dell’anzianità per la nomina del Presidente della Corte.
Questo è, seppur sintetico e riassuntivo, il quadro in cui si muove il Governo Netanyahu che sembra avere tutta l’intenzione di rafforzare il ruolo degli israeliani in Israele e di Israele in Medio Oriente, con particolare riguardo all’Iran e all’Arabia Sudita.

Comments are closed.