Israele: Netanyahu in un Paese che va sempre più a destra.

Israele: Netanyahu in un Paese che va sempre più a destra.

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La società israeliana va sempre più a destra e Netanyahu è tornato a fare il Primo Ministro. Molto interessante la sua vita e la sua attuale posizione nel Paese. Un panorama completo di analisi scritto da Paolo Brusadin. 

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

All’inizio di novembre 2022 gli israeliani, per la quinta volta nell’ultimo quadriennio, si sono recati alle urne per l’elezione dei nuovi membri della Knesset. Dalla nascita il 14 maggio 1948 dello Stato d’Israele, nel corso dei 74 anni di storia il Parlamento è stato rinnovato per ben 25 volte.

L’ultimo governo guidato da Naftali Bennet, capo del Partito di estrema destra Yamina, in coabitazione con il leader del Partito Yesh Attid, è durato solo un anno.

Governo che aveva posto fine al lungo “regno”, in qualità di Primo Ministro, seppur tra alti e bassi, di Benjamin (Bibi) Netanyahu che durava dal 2009 e che, ora, come l’araba fenice, s’è ripreso il potere.

Bibi è figlio dello storico Benzion Netanyahu, per un lungo periodo ha vissuto a Filadelfia negli Stati Uniti.

Rientrato in patria, ha prestato servizio nell’unità d’elite Sayeret Matkal ed ha partecipato nel 1972 al salvataggio di un dirottamento aereo a Tel Aviv.

Nel 1976 si è laureato al Massachusetts Institute of Tecnology negli USA, trovando il tempo anche di rientrare in patria e combattere nel 1973 nella guerra dello Yom Kippur. A seguito della morte del fratello Jonathan nel corso del raid diEntebbe ha fondato il Jonathan Institute, svolgendo delle conferenze sul terrorismo.

Il Raid, lanciato dall’esercito israeliano nella notte tra il 3 e 4 luglio nell’aeroporto della città ugandese di Entebbe per liberare i 246 passeggeri e i 12 membri dell’equipaggio di un volo dirottato da terroristi palestinesi del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina e tedeschi della Revolutionare Zellen, è ricordato come una folgorante vittoria sul terrorismo.

L’operazione, complessa nella sua dinamica contro i terroristi ma anche contro i soldati ugandesi, costò la vita a 4 passeggeri e al Colonnello Yonatan (Yoni) Netanyahu, l’unico soldato caduto. Da quel giorno tale operazione, che per gli israeliani incarna alla perfezione l’imperativo categorico ebraico di salvare ogni vita umana perché ogni vita è come un mondo intero, è ricordata anche come operazione Yonatan.

Prima di entrare nella Knesset Benjamin Netanyahu è stato ambasciatore e in seguito Viceministro degli Affari Esteri e Vice Primo Ministro nel gabinetto di Yitzhak Shamir agli inizi degli anni novanta. Netanyahu diventa leader del Partito Likud distinguendosi subito come un tenace oppositore degli accordi di pace del 1993 tra Israele e l’OLP e del ritiro israeliano dalla Cisgiordania e dalla Striscia di Gaza.

Nel 1996 vince le elezioni e diventa il politico più giovane a ricoprire l’incarico di Primo Ministro. Nel 1998 con il leader palestinese Yasser Arafat partecipa ai colloqui di pace che hanno portato al Wye Memorandum. Nel 1999 è sostituito come capo del Likud da Ariel Sharon, pur non perdendo la significativa popolarità accumulata nel tempo.

Nel 2009 ottiene un secondo mandato come Primo Ministro manifestando, per la prima volta, il sostegno al principio di uno Stato palestinese indipendente e indurendo la propria posizione nei confronti dell’Iran. Dopo una crisi politica e le elezioni anticipate, nel 2013 è nuovamente nominato Primo Ministro.

Questo periodo si caratterizza per una crescente tensione con gli Stati Uniti d’America, in particolare con l’Amministrazione Obama, per la questione nucleare iraniana.

Il quarto mandato si è dipanato all’ombra delle indagini per concussione e corruzione, con la polizia israeliana che nel 2018 annunciò di avere prove sufficienti per inviare Netanyahu a processo. Si arriva all’ennesimo scioglimento della Knesset e a nuove elezioni che, per la prima volta nella storia del Paese, si sono ripetute per tre volte prima di partorire un Governo di Unità nazionale e di emergenza condiviso da Gantz in coabitazione con Netanyahu.

Nel frattempo il processo per corruzione è deragliato in un binario morto, mentre Netanyahu, dall’opposizione, è riuscito nell’intento di far cadere il Governo Bennet.

Quest’ultima tornata elettorale ha visto la più alta partecipazione popolare ed il blocco di destra ha registrato il miglior risultato degli ultimi anni, ponendo le basi del ritorno di Bibi.

È del tutto evidente che il risultato di quest’ultime elezioni rappresenta un grande successo per Benjamin Netanyahu che rimane pur sempre sotto processo, ora non solo per corruzione ma anche per frode ed abuso di potere.

L’elezione è un grande successo nonostante sia tornato al potere alla guida di un Gabinetto di coalizione e non sia ad ottenere la maggioranza nella Knesset.

Ottenere la maggioranza nella Knesset da parte di un qualsivoglia Partito è una mission quasi impossible (ad oggi mai verificatasi), giacché il sistema elettorale che si fonda sulla rappresentanza proporzionale a livello nazionale favorisce la partecipazione di una grande quantità di minuscoli partiti.

La soglia per ottenere la rappresentanza in Parlamento per decenni è stata ferma all’1% dei voti, salita nel 1992 al 1,5% e al 2% nel 2006, per arrivare nel 2013 al 3,25%, con vari tentativi, peraltro anche in quest’ultime elezioni, di abbassarla nuovamente al 2%.

Da queste elezioni, che comunque segnano il ritorno di Netanyahu, si rimarca un significativo aspetto politico: la competizione è stata un’esclusiva della destra divisa tra quella laica e religiosa, compresa la componente più estremista.

Tra tutte queste forze in campo, è significativo l’incremento proprio della lista di estrema destra, composta dall’alleanza della destra fascista con Otzma Yehudit che ha ottenuto più di mezzo milione di voti; non pochi su una popolazione di poco superiore ai 9 milioni di abitanti.

Altro aspetto da rilevare è la profonda crisi della sinistra sionista, vicina all’irrilevanza; momento difficile per la parte politica fondatrice dello Stato d’Israele. Così come non è andato bene il Partito Laburista in una tornata elettorale che ha registrato un’elevata partecipazione popolare, in particolare dei giovani, non solo ebrei ma anche arabi, 70,6% rispetto al 67,4% delle precedenti elezioni del 2021.

È evidente che il nuovo governo di Netanyahu certifica lo spostamento sempre più a destra della società israeliana e ciò pone delle riflessioni sulle prossime sfide e le questioni aperte non solo intra-Israele ma anche versus la galassia palestinese ed araba, senza dimenticare quelle regionali e mondiali.

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