Iran: stallo dei negoziati sul nucleare, crescenti tensioni con Israele e atteggiamento statunitense.

Iran: stallo dei negoziati sul nucleare, crescenti tensioni con Israele e atteggiamento statunitense.

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Riprendendo le pubblicazioni anche in seguito a riflessioni dovute al presente conflitto un Ucraina, si deve notare con grande preoccupazione, che gli equilibri geopolitici mondiali sono profondamente cambiati e che l’Iran sta tornando a essere un interlocutore notevole di Russia…Cina…con una nuova crescente posizione internazionale, anche se come potenza ombra. Di seguito una interessante analisi di Paolo Brusadin.

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

A seguito di un atteggiamento ricalcitrante dell’Iran versus i negoziati sul nucleare, è apparso sempre più evidente agli occhi degli analisti internazionali un’attività da parte del nemico storico Israele, sempre più strutturata come una vera e propria guerra ombra.

Non si tratta di una summa di azioni, bensì di una strategia che mira a destabilizzare l’Iran al suo interno. Un Iran che, nonostante i vari attentati all’interno del suo territorio, al momento non appare intenzionato a rivitalizzare il Joint Comprehensive Plan of Action – JCPOA e che porterebbe in dote un allentamento delle pesanti sanzioni internazionali.

Si ricorda che il JCPOA, siglato dall’allora Presidente americano Barack Obama, è stato reso inefficace a seguito del ritiro degli Stati Uniti d’America su decisione del Presidente Donald Trump. L’attuale Amministrazione Biden a gennaio 2022 ha manifestato la volontà di ripristinare i negoziati, senza risolutivi passi in avanti.

Per incoraggiare un atteggiamento propositivo dell’Iran, gli americani hanno rimosso alcune sanzioni tecniche ma le tensioni sono continuate a causa delle particolari richieste iraniane.

Di queste, due sono state giudicate ostiche, quasi irricevibili: ottenere delle garanzie che la prossima Amministrazione non si ritirerà dall’accordo eventualmente sottoscritto, che la Guardia Rivoluzionaria Iraniana venga rimossa dall’elenco delle organizzazioni considerate terroristiche.

Alla prima richiesta l’Amministrazione Biden ha risposto di non avere la capacità politica, tanto meno legale, di poter vincolare un’Amministrazione subentrante (nemmeno se proveniente dallo stesso schieramento politico), a onorare un siffatto accordo.

La seconda, invece, è stata giudicata fuori contesto, non pertinente con i negoziati sul nucleare, alla luce del fatto che anche l’Iran si è sempre rifiutata di discutere qualsiasi questione che esulasse dal nucleare.

Da vedere se l’ultima apertura dell’Iran (fine giugno 2022), con una disponibilità a sedersi nuovamente al tavolo delle trattative con gli americani, non sia una boutade cui farà seguito un’ondata di scetticismo. Peraltro, è un copione già visto e, certamente, non servirà a far cambiare i piani strategici ad Israele.

A conferma, basti vedere le continue operazioni militari contro la presenza iraniana nella martoriata Siria, sempre nel mese di giugno 2022, con l’azione israeliana che ha ridotto di molto l’operatività dell’aeroporto internazionale di Damasco.

La giustificazione addotta da Israele per tale escalation militare è stata la constatazione di un’accelerazione iraniana al processo di arricchimento dell’uranio e il contemporaneo sviluppo di nuove generazioni di centrifughe.

Un nefasto combinato disposto che consentirebbe all’Iran di avanzare più speditamente verso la realizzazione dell’arma nucleare.

Ecco perché Israele adotta, come giustificazione ai suoi attacchi, la ferma volontà di bloccare l’Iran in qualsiasi modo.

Si ricorda che Israele nel corso dell’ultimo biennio ha a più riprese attaccato gli impianti nucleari iraniani, in particolare quello di Natan, bersagliato una prima volta nel luglio 2020 in cui è andato distrutto, a causa di un incendio, buona parte della struttura per la produzione dei dispositivi d’arricchimento.

Il secondo attacco è avvenuto nell’aprile 2021, che ha messo fuori uso l’impianto elettrico d’alimentazione delle centrifughe per l’arricchimento sotterraneo dell’uranio mentre, a fine 2022, s’è verificata una terza esplosione.

Riconducibile agli israeliani l’attentato avvenuto nel novembre 2020 che ha causato la morte dello scienziato iraniano Mohsen Fakhrizadeh, al tempo responsabile del programma nucleare.

Si ricorda l’attentato per la rilevanza della vittima ma anche per la dinamica e l’uccisione dello scienziato con una mitragliatrice radiocomandata nascosta in un veicolo fatto esplodere subito dopo.

Comunque sia, a differenza di quanto accaduto lo scorso anno, con le ripetute sollecitazioni americane nei riguardi degli israeliani volte ad edulcorare un atteggiamento troppo aggressivo contro l’Iran e pregiudizievole dello sviluppo dei negoziati di Vienna, in quest’ultimo frangente gli americani appaiono essere più accondiscendenti.

Non abbiamo elementi per confermare quello che al momento appare una sensazione: una sorta di via libera americana alle mosse e agli attacchi israeliani, da utilizzare quale elemento di pressione verso gli iraniani.

Altresì, potrebbero essere letti nello stesso senso gli sforzi di Israele per costringere i persiani a sedersi al tavolo delle trattative e, nello stesso tempo, d’implementare la propria sicurezza attraverso la ripresa delle relazioni militari con alcuni paesi del Golfo.

Proprio recentemente è apparsa sui giornali locali la notizia dell’installazione di radar israeliani negli Emirati Arabi Uniti e nel Bahrein.

Tutto ciò potrebbe essere inquadrato in un probabile disegno americano di creare una sorta di difesa regionale a guida stelle e strisce, con un allineamento dei paesi del Golfo e di Israele in chiave anti iraniana.

I tentativi di favorire tale allineamento sono iniziati allorquando la responsabilità di Israele è stata trasferita dal Comando europeo al CENTCOM – United States Central Command in Florida nel settembre 2021, a seguito degli accordi di Abraham tra Israele, Emirati Arabi Uniti, Bahrein e Marocco.

Questa prospettiva, se è ben vista da Israele e, seppur con gradazioni diverse, dai paesi del Golfo, di certo preoccupa l’Iran che, per una sindrome d’accerchiamento, potrebbe reagire scompostamente.

Oppure, e speriamo in quest’altro approccio, consideri l’attuale situazione un’occasione di confronto, nella considerazione che un accordo con la Casa Bianca potrebbe essere un’opportunità che difficilmente si potrà palesare nuovamente con un’altra Amministrazione.

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