Alessandro Politi, direttore del NATO Defense College Foundation, ha tenuto una lezione nell’ambito del Master in Intelligence dell’Università della Calabria diretto da Mario Caligiuri.
Politi ha esordito dicendo che parlava a titolo personale e non della NATO o delle sue agenzie, stati membri o partner.
Ha affermato che il ciclo dell’intelligence non è lineare o vuoto come nei casi scuola, perché vi sono molti cortocircuiti tra differenti fasi (decisione, direzione della ricerca, ricerca, analisi, preparazione del prodotto) e perché l’asse intorno al quale ruota è la decisione politica. Ha così chiarito che il decisore politico non è un cliente (il quale acquista un prodotto in serie), ma un committente che richiede e necessita di un prodotto su misura.
Il professore ha quindi definito il decisore politico come un incrocio tra interessi nazionali, personali, politici e di lungo termine tra i quali è necessario trovare un equilibrio, interrogandosi sui destinatari delle sue scelte.
Ha quindi fornito, tra le molte esistenti, una definizione di intelligence intesa come “sfera del sapere e un sottosistema di potere, il cui scopo è la ricerca, la raccolta e l’analisi di informazioni pertinenti per assistere il decisore”. È dunque un sapere, non un’opinione o una percezione o un sentimento, che però deve essere realizzato nel risultato finale in un prodotto breve, chiaro e predittivo.
Interessante, a questo riguardo, il rapporto fra politica, scienza, intelligenza e info ops durante la pandemia in corso.
Alessandro Politi ha poi esaminato, come esempio, la modalità di comunicazione dell’intelligence in ambito politico, facendo riferimento al rapporto del Copasir sulla politica energetica, che è solo testo, e sarebbe stato più leggibile con l’ausilio ausilio di eventuali grafici e tabelle, e alla relazione del DIS del 2020 che, a suo avviso, non assegna la priorità ai vari settori di intervento, riportando di anno in anno quasi gli stessi capitoli. Successivamente, considerato l’impatto politico delle piattaforme che non è neutro.” la sospensione – ha fermato Politi – di Trump da Twitter è un vulnus costituzionale molto grave a prescindere dai punti di vista del singolo politico”.
Si è così soffermato sul Facebook Protect che intende proteggere gli attivisti e le figure pubbliche dalla penetrazione informatica, solo che questa protezione non è richiesta e che può, sotto certi aspetti, rappresentare una forma di profilazione non commerciale e quindi di “schedatura politica”.
Politi ha poi illustrato i concetti di geopolitica e geoeconomia, definendo l’una come “la proiezione consapevole di un progetto politico su uno spazio geografico”, e l’altra come la “proiezione consapevole di un progetto economico su uno spazio geografico”.
Si è soffermato sul rapporto tra interesse nazionale e NATO e Unione Europea.
Mentre in astratto la definizione dell’interesse nazionale è chiara e il processo di definizione è istituzionale, nella realtà sono spesso i gruppi di pressione a determinare di fatto l’interesse nazionale, per cui più questi sono organizzati più sono in grado di definirlo. “L’interesse nazionale – ha chiarito Politi – comunque è difficile da dipanare in qualsiasi paese”.
“Non è vero – ha precisato il docente – che dalla fine della seconda guerra mondiale l’Italia non abbia avuto un interesse nazionale. Ha seguito due linee strategiche molto chiare: l’ancoraggio atlantico e europeo e la diversificazione delle fonti energetiche da cui approvvigionarsi, anticipando quello che sarebbe stato poi definito Neo-atlantismo (essenzialmente la continuità dopo un’apparente parentesi meno allineata)”. Questo interesse avuto come terza componente come pilastro portante il sistema delle partecipazioni statali, senza le quali il “miracolo italiano” sarebbe stato impossibile e che ha costruito con mezzi pubblici un’infrastruttura economica che nessun privato avrebbe potuto e voluto evoluto realizzare.
Politi poi ha evidenziato dove può essere rinvenuto l’interesse nazionale e lo ha collegato con la qualità di formazione della classe dirigente e di chi la assiste. Tra gli interessi nazionali, quello europeo e quello della Nato, vi sono aspetti convergenti e divergenti. Nelle crisi tradizionali esso è convergente, mentre nella gestione dell’economia e della concorrenza commerciale esso è spesso divergente, anche dopo l’intermezzo della presidenza passata.
Il problema dell’Unione Europea è che manca di una forte linea politica, a organi di peso diseguale (la Commissione ha perso molto potere e l’Europarlamento è meno rilevante di quanto desiderabile, mentre il livello intergovernativo è ormai dominante), e nella gestione della crisi è relativamente modesta, anche se invece è un peso massimo del settore economico e commerciale.
La Nato invece è concentrata nelle sue missioni di sicurezza e difesa, ma rischia (come la Commissione) una forte burocratizzazione per mancanza di sufficiente impulso politico.
Alla fine il docente si è concentrato sull’interesse geo economico italiano, spiegando come le eccellenze italiane si affermino sul mercato globale spesso senza intervento pubblico, nonostante la retorica corrente. “Sul digitale – ha affermato – non siamo abbastanza attrezzati e propositivi rispetto alla sfida delle grandi ditte transnazionali, nonostante i notevoli passi fatti in avanti come la definizione del perimetro di sicurezza nazionale informatica e la creazione dell’agenzia per la Cyber sicurezza nazionale”.
Infine, il docente ha posto il tema del metaverso che è l’integrazione totale del mondo virtuale con quello fisico. Si è posto l’interrogativo su chi gestisca il metaverso, visto che per ora è controllato da chi realizza e amministra la piattaforma, e se riuscirà a diventare uno strumento di conoscenza oppure di condizionamento.
Su questo tema l’interesse nazionale è ancora assai indefinito, mentre deve continuare non solo a trovare un punto di equilibrio tra Unione Europea e Nato, ma anche aumentare il suo peso in queste due essenziali istituzioni.
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