I forti interessi, regionali e non, in Afghanistan.

I forti interessi, regionali e non, in Afghanistan.

30644350-afghanistan-politica-mappa-con-capitale-kabul-i-confini-nazionali-più-importanti-città-fiumi-e-laghi

Credo che ormai risulti evidente anche ai non addetti ai lavori che nel cuore dell’Asia Centrale si sia creato un pericoloso vuoto di potere, destinato comunque a essere annullato molto presto, per gli enormi interessi, in primis economici ma non solo, che si concretano attorno quei confini.

Afghanistan, buffer state o stato ‘cuscinetto’, ha ripreso il suo ruolo tradizionale di territorio da conquistare da parte di varie potenze, che intendano condividerne le sfere d’interesse o d’influenza.

Notizia poco nota in Europa: il 28 luglio 2021 il mullah Abdul Ghani Baradar, ora capo politico del governo taleb (i talebani) a Kabul, con altri sette membri della sua delegazione incontrava il Ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, a Tianjin (Cina). Poche settimane dopo, i talebani conquistavano anche la capitale afghana e gli ‘alleati’ occidentali, Usa e Nato, si ritiravano con molta ansia e altrettanta confusione dal territorio.

Dalla metà di agosto in poi, si sono succeduti tre attentati sanguinosi curati da un sedicente stato islamico Isis-K, a moschee afghane situate sul territorio, con notevoli ‘danni collaterali’. La popolazione afghana sta soffrendo per morte, povertà e negazione dei ‘diritti base’ normalmente considerati ‘civili’ a ogni latitudine, non solo nei Paesi che si considerano ‘democratici’, a torto o a ragione.

Chi dunque può avere grandi interessi su quel territorio?

Cina e Russia non hanno chiuso le ambasciate…il Pakistan è alle porte e l’Iran offre aiuto agli sciiti afghani…i principali protagonisti insieme a altri comprimari minori.

Non bisogna dimenticare che la Cina ha un confine con l’Afghanistan, di soli 92 km, ma notevolmente insidioso, qualora non ci fossero buoni rapporti tra i due governi. Rapporti resi assolutamente necessari dalla posizione strategica afghana nell’Asia Centrale.

Cosa è trapelato dagli incontri sopra ricordati a Tianjin? Pechino ha necessità che il territorio afghano sia in qualche modo stabilizzato e non lanci attacchi alla confinante provincia dello Xinjiang. Si sa che la delegazione talebana aveva assicurato che, una volta ristabilito il governo islamico a Kabul, i governanti avrebbero impedito ogni tipo di attacco al suolo cinese, sempre che quello di Pechino si fosse impegnato economicamente per la ricostruzione dell’Afghanistan.

Il 16 agosto Pechino non chiuse l’ambasciata: gli accordi erano stati presi prima….la grande Road Belt cinese non deve soffrire per scarsa stabilità nel settore regionale.

La Russia ha ricevuto nei giorni scorsi una delegazione politica talebana per un summit internazionale sul futuro dell’Afghanistan. Mosca non riconosce ufficialmente il nuovo governo di Kabul ma ne riconosce gli sforzi per arrivare a una stabilizzazione della situazione locale e tratta con gli esponenti politici di quella amministrazione, nella speranza che la situazione si evolva positivamente. Occorre anche ricordare come finì disastrosamente la guerra-invasione sovietica in Afghanistan dal 1979 al 1989, con una ritirata veloce, anche se più controllata e meno drammatica di quella dell’agosto 2021, da parte degli USA e della Nato. Anche questo ricordo storico pesa probabilmente sulle determinazioni attuali di Mosca.

Questo recente incontro ha visto la presenza ufficiale della Cina e del Pakistan, ma anche di rappresentanti ufficiali dell’Iran (l’altro governo fortemente interessato alla situazione interna afghana), e di stati confinanti come Turkmenistan, Uzbekistan, Tajikistan, Kazakistan e Kyrgyzstan, preoccupati per una migrazione incontrollata della popolazione afghana verso i loro territori e per le maldestre indicazioni di alcuni stati europei di renderli centri di accoglienza di quei profughi, in modo ufficiale.

Si è trattato di un incontro di grande importanza. A capo della delegazione afghana vi era il Vice Primo Ministro del governo di Kabul, Abdul Salam Hanafi, che aveva già condotto, in prima persona nel passato, incontri con gli Stati Uniti e l’Europa, figura di spicco della nuova compagine governativa a Kabul per quel che se ne comprende dalle sue dichiarazioni, persona preparata e di un certo spessore politico.

Oltre alla Russia, anche la Cina, e gli altri stati presenti hanno chiaramente dichiarato che, per il momento, non riconosceranno quel governo ma daranno tutti gli aiuti umanitari promessi per stabilizzare e migliorare, se possibile, la situazione interna. Comunque il dialogo procede e le ambasciate restano aperte, permettendo ai rappresentanti nazionali di monitorare e sorvegliare da vicino l’evolversi della situazione, anche con l’aiuto efficace di membri dei servizi d’informazione, specialmente russi e cinesi, di ben nota caratura professionale.

Il governo sciita di Teheran è direttamente interessato alla situazione afghana. Condivide con Kabul un confine di 921 km. Ha avuto rapporti difficili con il primo governo talebano, che non ha riconosciuto mai, perché sosteneva con armi e appoggio logistico l’Alleanza del Nord anti-taleb. Ovviamente, quando gli USA, il nemico per eccellenza degli ayatollah, hanno lasciato il territorio afghano, dove sii erano insediati dal 2001, le autorità iraniane hanno commentato positivamente la ‘novità’, peraltro comprendendo che ben altri problemi di stabilità ai confini si sarebbero presto manifestati.

Una delle critiche più forti è stata quella di non inclusione nel governo di una minoranza sciita, gli Hazara, peraltro spesso perseguitati in Afghanistan.

La situazione, molto fluida, è in continuo divenire: l’Iran, che si pone come uno degli Stati protagonisti di una possibile stabilizzazione afghana, ospiterà una nuova riunione internazionale del settore regionale strategico il prossimo 27 ottobre. Sempre presenti Cina e Russia insieme agli altri stati confinanti. Obiettivo principale di Teheran è quello di arrivare alla composizione di un governo afghano il più inclusivo possibile con rappresentanza di tutte le etnie presenti, perché solo in questo modo, nella visione politica iraniana, si potrà arrivare a una sicurezza e una pacificazione di quel territorio. Non bisogna poi dimenticare che l’ISIS-K, che continua con una politica di attentati, è insediata nella regione di Khorassan, condivisa dall’Iran con l’Afghanistan e rappresenta un serio pericolo anche per la regione di confine iraniana del Sistan-Baluchistan. Quindi il governo sciita ha assoluto bisogno che l’omologo di Kabul sia armato in modo adeguato per evitare attentati e sconfinamenti di forze ostili alla politica di influenza espansiva di Teheran e sia forte sul territorio, per una sicurezza interna e soprattutto per quella dell’Iran.

Oltre agli interessi etnici, l’Iran ha interessi economici molto forti perché ha esportato, anche durante il periodo di ‘occupazione’ americana, molte merci verso quel mercato, divenuto valvola di sfogo per le produzioni iraniane, strangolate dalle sanzioni americane. Serve poi al governo iraniano fermare l’ingente flusso del commercio dell’oppio attraverso la frontiera che invade i mercati in Iran, fattore di destabilizzazione economica e sociale interna.

il Pakistan condivide il confine più importante con l’Afghanistan: è lungo ben 2.670 km!  Ha permesso al mullah Baradari e sodali di rifugiarsi sul suo suolo, in attesa della ricostituzione, avvenuta, del governo talebano a Kabul. Come fanno notare molti analisti, però, molti gruppi armati si sono addensati sul confine che per anni hanno attaccato postazioni pakistane anche con l’aiuto attivo dell’intelligence indiana mentre i Servizi informativi pakistani appoggiavano le formazioni talebane. Il ritiro delle truppe occidentali da Kabul, anche in Pakistan, come in Iran, è stato valutato molto positivamente, nella speranza che una forte intesa con il governo talebano dia maggiore sicurezza alle frontiere pakistane e alla stessa stabilità del Paese, riuscendo a neutralizzare gli interessi indiani di destabilizzazione del Pakistan.

Come è intuibile, si tratta di una situazione assai complessa. Stabilizzare l’Afghanistan può essere possibile proprio perché gli interessi politici e economici regionali al conseguimento di tale obiettivo sono molteplici e diffusi ma tali leciti interessi devono fare i conti anche con i problemi del mondo islamico mai così diviso all’interno, alla ricerca di una supremazia politica a livello globale, non solo nel Mediterraneo. Attendiamo gli eventi.

©www.osservatorioanalitico.com – Riproduzione riservata

 

 

 

 

 

 

 

Comments are closed.