L’AFGHANISTAN, A CHE PUNTO SIAMO NOI? O SONO I TALEBANI?

L’AFGHANISTAN, A CHE PUNTO SIAMO NOI? O SONO I TALEBANI?

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Oggi il ‘governo’ talebano di Kabul ha nominato i vice ministri, scegliendoli tra alcune minoranze etniche, cercando così di essere inclusivo, a suo modo di vedere…ma di donne ancora per adesso nemmeno l’ombra, nonostante le dichiarazioni di portavoce e leader politici.

Hanno inserito tra coloro che dovrebbero amministrare il territorio anche alcuni elementi originari del Panjshir, regione sede dell’unico fronte di lotta ai talebani, i quali sono insidiati anche dall’ISIS-K, che ha recentemente fatto un attentato contro il governo di Kabul. Questa è per ora la loro debolezza, oltre all’assetto economico. Servirà a poco quell’inserimento perché la lotta di Massoud, figlio del grande e celebrato Ahmad Shah Massoud, continuerà con reciproci danni collaterali. E se altri Paesi non appoggeranno concretamente il nuovo ma debole eroe del Panjshir, essa finirà ben presto con una sconfitta per i ‘ribelli’. Ma finché Pakistan e altri stati che circondano l’Afghanistan riterranno utile la presenza dei talebani, Massoud non sarà aiutato, come non fu capito il padre quando venne in Europa a spiegare chi erano e cosa volevano quegli ‘studenti coranici’.

Il governo ‘monogenere’ dell’Afghanistan sostiene che ‘provvederà’ ai diritti umani (che saranno sempre filtrati attraverso la ‘sharia’, anche se l’Occidente non vorrebbe capire il senso di queste affermazioni), dopo il riconoscimento ufficiale da parte delle Nazioni Unite e relativi governi membri. Credere alle loro dichiarazioni? Sembra alquanto difficile e azzardato. Ma con loro occorre fare i conti. Piaccia o non piaccia.

Infatti non è solo intorno ai diritti umani che la ‘partita Afghanistan’ si gioca. È indubbio che la situazione della popolazione afghana, in particolare delle donne, catalizza, a ragione, l’interesse dell’Europa in particolare, grande paladina dei diritti umani. Ma c’è molto di più che si agita sul territorio afghano e soprattutto intorno a esso.

In agosto Yannick Genty-Boudry, in una sua analisi su ‘Air &Cosmos’ (sito francofono di attualità aeronautica e spaziale poco conosciuto in Italia se non da specialisti del settore), ha messo in rilievo due punti molto importanti che raramente vedo analizzati o quantomeno ricordati, anche a livello politico. Forse sono stata disattenta ma non mi sembra che il nostro ministro degli esteri Di Maio, dopo le sue visite in loco, abbia riferito ampiamente, almeno alla stampa, su questo progetto di gasdotto, così importante per la geopolitica locale, a meno che sia stata ritenuta una notizia ‘sensibile’ e riservata in Italia o non interessante al nostro livello.

Lo stesso governo talebano ha dichiarato non più tardi di fine agosto, che ritiene imprescindibile terminare la costruzione del gasdotto Turkmenistan-Afghanistan-Pakistan-India, meglio conosciuto come il TAPI. Inizia appunto dal giacimento di Galkynysh, in Turkmenistan per terminare in India, correndo per circa 1800 km. Un progetto importante finanziato da Giappone e…Stati Uniti…correttamente Genty-Boudry si chiede: Afghanistan: una sconfitta militare o real politik?

È una domanda molto interessante se si tiene conto della posizione geografica del territorio afghano e delle nuove realtà e richieste di combustibile nell’industrializzazione attuale dell’India e soprattutto della possibilità di sottrarre alla Russia di Putin l’influenza sulla repubblica ex-sovietica del Turkmenistan, volgendola verso la Cina. Gli Stati Uniti, però, hanno congelato le riserve d’oro della Banca centrale afghana, necessarie per portare a termine progetti infrastrutturali, detenendone quindi in pratica il controllo.

Come ricorda l’autore sopra menzionato, sono da ben considerare le ragioni per cui India, Cina e Russia non hanno chiuso le loro ambasciate a Kabul. Certo. Si può obiettare che forse i diritti umani non sono così sentiti in quegli Stati, ma oltre a questo, vi sono ragioni molto più importanti che riguardano l’approvvigionamento di materie prime della massima importanza e un potere globale da consolidare.

Come dimenticare un altro progetto importante che è in corso, di matrice iraniana, destinato a portare petrolio e gas da Assuyeh (Iran) a New Delhi e Karachi (due diramazioni),  attraverso il porto di Bandar Abbas, Iranshahr, in una zona densamente abitata dai Baluchi iraniani e pakistani, meglio conosciuto come IPI. Un progetto seriamente indebolito politicamente dal TAPI.

Dunque non si tratta solo di diritti umani ma anche di più… di colossali interessi di influenza geopolitica a livello globale soprattutto nella regione dell’Asia Centrale dove si gioca una partita di grande importanza per i prossimi 50 anni…dove almeno al momento, l’Europa sembra completamente assente e disinteressata, forse non competente e senza una precisa politica estera.

L’economia talebana è molto in crisi non solo per l’atto degli Stati Uniti ma anche perché quel traffico di eroina che ha reso possibile il risveglio e la vittoria dei talebani è in questo momento alle corde. Solo pochi giorni fa, per esempio, l’India ha sequestrato un enorme quantitativo di eroina proveniente dalle terre afghane, circa 3000 kg, per un valore di 2,72 bilioni di dollari. È vero che quando hanno preso il potere i talebani hanno dichiarato che interromperanno questo illegale traffico ma non hanno detto né come né quando…

L’Afghanistan, oltre a esser un vaso di Pandora, è un vaso di coccio, stretto fra territori più forti o più facili a influenze di grandi poteri. Lo è sempre stato, da quando è indipendente.

La real politik è quella del denaro e del potere, che si ottiene con la supremazia economica. I cambiamenti climatici cambieranno questa filosofia? Forse.

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