Kabul. In memoria di un vero combattente, Ahmad Shah Massoud

Kabul. In memoria di un vero combattente, Ahmad Shah Massoud

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Non ho mai conosciuto purtroppo il Leone del Panjshir, ucciso in una falsa intervista due giorni prima dell’attacco alle Torri Gemelle, dai ‘combattenti’ del suo rivale, Osama Bin Laden.

Un uomo di grande intelligenza, di origine tajika, ottimo comandante militare con quel carisma che avrebbe potuto unire la popolazione afgana se l’Occidente avesse ascoltato quello che aveva da dire sui taleb. Già ma la storia non si fa con i se…eppure venne in Europa e spiegò chi erano in verità i taleb ma ritennero che fosse solo un comandante ribelle in cerca di potere.

Sto vedendo e rivedendo lentamente ben cinque ore di interviste fatte a Massoud e continuo a meravigliarmi della chiarezza con la quale analizzava la situazione nel suo Paese, fino a poco prima della sua morte. Erano troupes francesi che lo hanno seguito varie volte e hanno realizzato interviste allora, tra il 1997 e il 2001 comprese da pochi in occidente e oriente. Massoud aveva l’interprete ma da alcune sue espressioni credo comprendesse almeno un pò il francese ma saggiamente parlando di politica preferiva non cadere in errori di comprensione.

Gli afghani sanno combattere molto bene non al modo ‘occidentale’, naturalmente. In mezzo alle montagne danno il loro meglio perché quel territorio non è facile e devi esserci nato per capire come muoverti, con velocità, astuzia e forza e utilizzando le risorse che lo stesso territorio ti offre. Quelle montagne sono i loro alleati. Massoud aveva sconfitto i sovietici nella vallata del Keran.

Sta nel giusto chi dice che in Afghanistan è facile perdere…o vincere se hai gli strumenti giusti, che non sempre è un armamento di altissimo livello.

Pochi pensano che anche in quei casi è molto importante l’intelligence, la conoscenza della struttura difensiva del nemico; la sua logistica e il suo sistema di approvvigionamento. E Massoud ne fece grande uso perché aveva una fitta rete di informatori tra il popolo e anche tra le forze governative che non si riconoscevano nei loro governanti molto corrotti sostenuti dall’URSS. Tutto questo servì per pianificare gli attacchi dalle alte montagne che caratterizzano tutto il territorio.

L’Afghanistan è sempre stato un territorio, un Paese formato sia da forze interne che da quelle esterne. Come il resto del Medio Oriente e dell’Asia centrale, il suo territorio è stato conteso per molti secoli da imperi rivali… da greci, indiani, persiani, arabi, turchi, inglesi e russi. Ben si sa che l’ultima contesa imperiale è stata quella tra la Gran Bretagna e la Russia nel XIX secolo che ha definito gli attuali confini dell’Afghanistan.

Dobbiamo anche ricordare che l’Afghanistan è una società multi etnica, con realtà definite largamente dall’appartenenza a un gruppo etnico e alla situazione geografica che comunque limita l’autorità di ogni governo centrale afgano sui suoi soggetti. Durante il XX secolo tutti gli esperimenti che gli afghani hanno fatto, loro malgrado il più delle volte, con democrazie o monarchie costituzionali non hanno avuto successo; il Paese è stato sempre governato da piccole élite di uomini forti, spesso ma non sempre corrotti. Comunque più che un governo nazionale sono le lealtà tribali, le tradizioni e una fede immensa nell’Islam che hanno sempre dominato la realtà della maggior parte degli afghani.

Possiamo dire che mentre l’Afghanistan non è riuscito mai a costituire un apparato statuale forte, il suo popolo, come stiamo vedendo in questi giorni, ha comunque un’identità nazionale piuttosto forte. Una delle cose che normalmente si dice è che gli afghani hanno sviluppato questa identità dall’avere avuto un’esperienza forte di resistenza agli stranieri e che comunque la geo-localizzazione della nazione se da una parte la isola, dall’altra la fa ritenere un ponte commerciale fra continenti terribilmente appetibile, come è successo e sta succedendo.

Shah Massoud riuscì a averla vinta sui sovietici e di vittoria in vittoria i suoi mujaeddin riuscirono, anche con altre forze resistenti provenienti dal Pakistan, a respingere una forte armata, costringendola al ritiro. Dopo il ritiro sovietico, i combattenti resistenti afghani, che comunque non erano stati mai un movimento unico, combatterono tra loro stessi su chi avrebbe avuto il potere nell’Afghanistan post sovietico. Vinsero coloro che arrivavano dal Pakistan, i taleb.

La storia successiva è ben nota. Massud rimase solo a combattere contro i taleb che si erano formati come movimento politico in Pakistan durante e dopo la guerra sovietica nei campi di rifugiati afghani. Erano emersi in Afghanistan nel 1994 avevano conquistato l’area punjabi e Kandahar e si presentavano come eroi alla popolazione. Come noto marciarono su Kabul che presero nel 1996 proclamando per la prima volta l’emirato islamico dell’Afghanistan. Intorno al 2000, solamente il gruppo di mujaheddin del nord era rimasto al di fuori del controllo taleb con il loro comandante Massoud, assassinato dai combattenti del suo rivale, Osama Bin Laden.

Il Tajiko aveva molto ben compreso chi erano i taleb e quale forza li animava. Mise in guardia l’Occidente. Nessuno lo capì o nessuno gli credette.

Speriamo che suo figlio abbia ereditato le qualità del padre e la sua intelligenza militare. Non sarà facile. La morsa dei taleb è forte.

In memoria di un grande combattente.

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