Cultura e intelligence.

Cultura e intelligence.

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Con un certo ritardo, perché è stata tenuta il 12 maggio scorso, pubblichiamo con molto interesse una delle più belle lezioni, a nostro avviso (e ce ne sono state molte), del Master in intelligence dell’Università della Calabria.

L’ha tenuta non un funzionario della nostra intelligence o un ex di quei Servizi, ma Umberto Broccoli, archeologo, saggista ed accademico, che ha concluso le lezioni del Master in Intelligence dell’Università della Calabria diretto da Mario Caligiuri,

La lezione aveva un titolo, molto particolare: “L’intelligence con parole mie: le ragioni culturali”.

Mi è sembrato molto interessante che Broccoli si soffermasse proprio sull’importanza della cultura e della conoscenza della storia per ben comprendere quegli eventi che si analizzano nel quadro dell’intelligence.

Da tempo condivido totalmente le idee che Broccoli ha voluto affermare nella sua lezione, ritrovando molti degli spunti che io stessa ho espresso nelle lezioni che per 21 anni  ho avuto modo di fare alla Scuola Ufficiali Carabinieri e anche in alcuni Master nei quali ho avuto l’onore di essere chiamata a far lezione.

Occorre un importante bagaglio di conoscenze storiche unite alle geografiche, per fare analisi dei fatti che succedono a livello globale. Non si può essere esperti in tutti i settori strategici del globo, così come non si dovrebbe poter analizzare e parlare di storia dai romani ai giorni nostri ma si possono approfondire in modo molto utile alcuni periodi storici o settori geografici. Per esempio per analizzare il Medioriente, devi conoscere approfonditamente la storia di tutti i paesi rivieraschi del Mediterraneo, almeno dal medioevo in poi. Per analizzare l’informativa dell’intelligence, ci si può limitare al XX e al XXI secolo ma occorre sapere la storia e avere di fronte la mappa geografica.

Broccoli si è soffermato sull’importanza della cultura e, molto opportunamente, della contestualizzazione delle vicende storiche nonché sul ruolo fondamentale del “fattore umano” negli eventi che riguardano l’intelligence.

“È fondamentale comprendere – ha detto – che il fattore umano è un elemento essenziale dell’intelligence. La fonte umana è determinante nella gestione dei conflitti”.

Nel ripercorrere la storia dell’intelligence italiana, il relatore ha evocato la figura del nonno, il Generale Umberto Broccoli, che è stato capo del SIFAR tra il 1951 e 1952, uomo al servizio delle istituzioni, reduce della battaglia di El Alamein, che era “allo stesso tempo rigorosamente anticomunista e rigorosamente antifascista, perché patriota e innamorato del suo Paese”.

Broccoli ha ricordato che si deve, tra gli altri, anche al Generale Broccoli la nascita dell’organizzazione paramilitare denominata “Stay Behind”, presente in tutta Europa occidentale, strutturata in vista di un’ipotetica invasione sovietica dell’Europa occidentale. Nel nostro Paese, questo esercito parallelo, aveva il compito di controllare le mire espansionistiche di Tito, il quale sognava una grande Jugoslavia che si espandesse fino alla pianura Padana. È importante contestualizzare le vicende storiche per comprendere gli avvenimenti accaduti nel corso del tempo. Questo non solo al fine di essere in connessione con il nostro passato, e capire quindi il nostro presente, ma anche perché aiuta a comprendere il rapporto che c’è tra la tra la conoscenza e la tecnica. Non dimentichiamo, infatti, che la conoscenza ha inventato   la tecnologia e non viceversa. Tuttavia, oggi, viviamo in un mondo capovolto dove la tecnologia si sta ibridando e sta prevalendo rispetto alla conoscenza. Inoltre, nella società odierna le immagini hanno un potere molto pervasivo, sono molto importanti mentre nei secoli passati avevano grande rilevanza le parole. Basti pensare che il patrimonio culturale veniva trasmesso oralmente, senza l’utilizzo della scrittura.

Broccoli ha quindi parlato anche dell’importanza dell’intelligence culturale, citando il libro “La Disfatta della CIA” di Robert Baer, il quale affermava che “bisogna avere una visione totale per comprendere la realtà. Nessuna immagine fotografica per quanto dettagliata può far comprendere cosa c’è dentro un edificio o nella mente umana, poiché per interpretare la realtà è necessario visitare i luoghi ed incontrare le persone. È essenziale comprendere le persone ed il contesto culturale per assumere decisioni consapevoli ed ottimali”.

A tal proposito ha citato l’archeologo Lawrence d’Arabia, uno dei protagonisti della Prima Guerra Mondiale, che ha favorito in parte determinante l’autonomia e l’indipendenza dei popoli arabi rispetto all’Impero Ottomano.

Broccoli ha ricordato che “Lawrence d’Arabia conosceva molto bene la storia, la lingua, la cultura araba nonché la religione islamica. E la sua grande competenza gli ha permesso di comprendere e sostenere le ragioni del mondo arabo”.

A tal proposito, ha ricordato anche la figura di Fulvio Martini, ammiraglio ed agente segreto che per diversi anni ricoprì la carica di direttore dell’intelligence militare.

“Martini – ha affermato – quando era ufficiale di marina fu inviato nel Bosforo per controllare i mercantili sovietici che attraversavano il Mediterraneo. Mentre era impegnato in questa operazione ebbe l’intuizione di fotografare le navi russe. La sua azione di intelligence consentì agli americani la scoperta di alcuni pezzi di missili che dovevano essere installati a Cuba. Inoltre, riuscì a comprendere ciò che stava accadendo nei Paesi oltre cortina semplicemente monitorando i giornali locali, riuscendo in questo modo di definire in modo abbastanza preciso gli organigrammi dei vari reparti delle forze armate”.

Ha quindi ricordato la vicenda del colonnello dell’Armata Rossa, Stanislav Evgrafovic Petrov, che ha dimostrato che, per chi si occupa d’intelligence, è necessaria la capacità di discernimento. Infatti, ha ricordato che “sebbene Petrov avesse ricevuto diversi segnali, tutti inequivocabili, di un attacco missilistico da parte statunitense verso l’Unione Sovietica, non effettuò le procedure automatiche previste, perché capì che poteva trattarsi di un errore di sistema. Infatti, con la sua decisione, impedì lo scoppio della terza guerra mondiale.”

Questi episodi dimostrano che è molto importante non fidarsi mai di quello che si vede perché non sempre quello che appare rappresenta la realtà.

“Il fattore umano – ha affermato Broccoli – è stato e sarà sempre preponderante nelle vicende dell’intelligence. Lo dimostra anche la vicenda di Charles-Maurice de Talleyrand, vescovo, politico, scrittore e diplomatico francese, il quale per avviare e portare avanti le trattative durante il Congresso di Vienna allo scopo di ridisegnare la carta dell’Europa e ripristinare l’ancien regime, chiese di avere  un buon cuoco e del buon cibo.

“Inoltre non dimentichiamo – ha ribadito – che la Guerra Fredda è stata combattuta con le spie e con le informazioni che queste riuscivano a procurarsi. In quegli anni agivano anche   i cosiddetti “agenti Romeo” della STASI che facevano innamorare persone inconsapevoli per ottenere direttamente o indirettamente informazioni sensibili.

Broccoli ha concluso affermando che “tutte le vicende dimostrano che l’uomo d’intelligence deve essere un ricercatore, un filosofo, un uomo di pensiero, di analisi e di riflessione.  È molto importante a tal fine coltivare ed alimentare con lo studio e la conoscenza la dimensione umana, pur essendo consapevoli dei limiti e delle debolezze umane che sono insite in ciascuno di noi”.

Speriamo che la maggior parte dei nostri operatori di intelligence lo siano, aggiungo come voto personale.

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