La guerra psicologica in Italia: i protocolli segreti

La guerra psicologica in Italia: i protocolli segreti

Senza titolo

Un aspetto interessante dell’intelligence nella guerra psicologica…induce a molte riflessioni….non sempre positive.

Il Direttore Scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

Solange Manfredi, Giurista e Saggista, ha tenuto una lezione dal titolo “La guerra psicologica in Italia: i protocolli segreti” durante il Master in Intelligence dell’Università della Calabria, diretto da Mario Caligiuri.

Manfredi ha esordito affermando che la guerra psicologica è una guerra occulta, che si combatte attraverso pressioni di diverso tipo. È una guerra senza limiti, sostenuta da interessi molto potenti, che emerge solo quando si manifestano i suoi effetti.

“I cardini fondamentali della guerra psicologica – ha affermato Manfredi – sono essenzialmente tre. Il primo cardine è la propaganda, che può essere di medio o di lungo periodo. Gli investimenti economici sulla propaganda sono enormi, secondi a livello mondiale solo agli investimenti per gli armamenti. Non è un caso, infatti, se le agenzie di public relations presentano un fatturato, in tutto il mondo, superiore a quello delle industrie automobilistiche”. “Non dimentichiamo – ha continuato – che nella guerra psicologica si utilizza la disinformazione per raggiungere gli obiettivi prefissati. Bisogna considerare, a tal proposito, che una popolazione poco istruita rende la disinformazione più efficace”.

Manfredi ha poi proseguito sostenendo che “il secondo cardine della guerra psicologica sono le operazioni psicologiche, i cui effetti sono rapidissimi. A tal proposito è utile sottolineare l’esperienza del Presidente degli Stati Uniti d’America Thomas Woodrow Wilson, il quale, dopo aver vinto le elezioni, nel 1916, dichiarò che non avrebbe trascinato l’America nel conflitto in corso in Europa. E tuttavia l’anno successivo istituì una Commissione per organizzare la propaganda in favore dell’intervento degli Stati Uniti nella Prima guerra mondiale. A tale scopo furono inviati 75.000mila conferenzieri nelle piazze e nelle scuole per cercare di influenzare l’opinione pubblica.  Fu realizzata una potentissima campagna di volantinaggio e servizi giornalistici per narrare atrocità poste in essere dai soldati tedeschi ed austriaci, in realtà mai compiute. In soli sei mesi l’opinione pubblica americana cambiò orientamento e si dichiarò favorevole ad un intervento diretto degli Stati Uniti nella Prima Guerra Mondiale”.

“Il terzo cardine della guerra psicologica – ha spiegato – è rappresentato dalle azioni di rinforzo del personale straniero. Le operazioni di guerra psicologica, infatti, richiedono una profonda conoscenza dell’obiettivo che si vuole colpire. Nel caso sia rappresentato da uno Stato, è necessario conoscerne la lingua, la cultura ed i modelli di comportamento. Pertanto, è fondamentale contare sulla collaborazione di cittadini locali oppure di persone che abbiano vissuto molto tempo nel Paese interessato e che quindi ne conoscano il contesto sociale”. A tal proposito, la docente ha richiamato il pensiero di Francesco Cossiga, il quale, nel suo libro “Abecedario”, spiega che è necessario far raggiungere al personale di rinforzo straniero gli alti livelli della vita politica, burocratica, scientifica e finanziaria del Paese, utilizzando le loro posizioni per raggiungere gli scopi prefissati nell’attacco.

“Le operazioni di guerra psicologica – afferma ancora Manfredi – vengono definite attraverso un preciso protocollo, e prevedono una o più azioni per raggiungere l’obiettivo. Si tratta di mettere in atto delle tecniche precise e sperimentate: prima si creano bisogni (sicurezza, lavoro, giustizia o altro), poi si impedisce per un certo periodo che i bisogni possano essere soddisfatti, quindi si suggerisce il comportamento, ovvero l’azione, per raggiungerli, in tutto in parte”.

“In Italia nel corso degli anni – ha affermato – si sono combattute diverse guerre psicologiche.  Nel 1947, ad esempio, è iniziata una vasta operazione per influenzare il processo educativo che poi è stata estesa ad ogni settore della cultura del Paese. Nel 1989 con la caduta del Muro di Berlino, nel nostro Paese vi sono verificati una serie di avvenimenti molto particolari. Il Presidente del Consiglio Giulio Andreotti cercò di modificare la politica economica italiana. Ed il Presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, resosi conto che era crollato un sistema, cercò di spronare la classe politica italiana a cambiare strategia prima di essere travolta. Ma il suo messaggio rivolto alle Camere nel 1991 restò inascoltato.  Nello stesso anno venne arrestato Mario Chiesa, esponente milanese del Partito Socialista Italiano, per aver accettato una tangente di sette milioni di lire.  Nel 1992 scoppiò il caso tangentopoli e vengono uccisi dalla mafia il politico siciliano Salvo Lima ed i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. In quello stesso anno venne eletto Presidente della Repubblica Italiana Oscar Luigi Scalfaro.  Inoltre, dal 1990 al 1994 vennero compiuti circa cinquecento attentati nel nostro Paese, sotto la sigla “Falange Armata” che secondo alcuni era espressione di azioni statali di depistaggio mentre secondo altri derivazione della mafia. In quegli anni ed in quel clima politico termina la Prima Repubblica.

E la fine della guerra fredda, in definitiva, segna l’inizio della guerra economica e della guerra normativa”. A tal proposito, Manfredi ha ricordato che “la giurista Katharina Pistor, nel suo libro “Il Codice del Capitale”, spiega molto bene che non esiste la mano invisibile del mercato ma le dinamiche economiche vengono determinate dalle leggi elaborate dagli uffici legali delle multinazionali che condizionano l’economia degli Stati. A questo stato di cose, è difficile porvi rimedio sia perché le norme penetrano all’interno degli Stati non perché vincolanti, ma perché seguite da tutti, sia perché possono coinvolgere anche altri Stati. Pertanto, non serve più influenzare i singoli parlamenti, basta operare dove si formano le leggi per indirizzarle a produrre un determinato esito. Non è un caso se le banche dati e le più importanti riviste giuridiche sono in mano a multinazionali straniere”.

In conclusione, ha affermato Manfredi che “la guerra economica è soprattutto guerra normativa, devastante, nascosta e molto pericolosa. Per difendersi è necessario creare al più presto strutture di intelligence giuridica e costruire un nuovo modello educativo che non sia più iper-specializzato, non essendo strutturalmente in grado di far comprendere la realtà complessa dovuta all’avvento di internet ed alla globalizzazione”.

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